Hai usato qualche volta il sottotetto? Non basta per dire che è in condominio
Avv. Alessandro Gallucci scrive…
Il sottotetto è uno di quegli spazi negli edifici in condominio per il quale è molto facile litigare; le liti solitamente hanno inizio perché uno dei condomini (solitamente il proprietario dell’abitazione sottostante) se ne appropria.
In una sentenza resa dalla Corte di Cassazione il 29 gennaio 2014, la n. 1953, si litigava proprio in materia di proprietà esclusiva o condominiale del sottotetto.
La risposta della Corte in un caso sorto prima dell’entrata in vigore della riforma – ma vedremo che ciò è sostanzialmente indifferente – è quella che ormai da anni si sente pronunciare nelle aule di giustizia: il sottotetto può essere condominiale ma dipende dalla sua conformazione.
La peculiarità della pronuncia appena citata sta nel fatto che i giudici di piazza Cavour hanno rimarcato un aspetto non secondario: l’uso saltuario fatto da un condomino non può essere indice della condominialità di tale parte dell’edificio.
Il caso, si diceva, è di quelle che ricorrono con frequenza: un condomino attrae il sottotetto nella sfera della sua esclusiva disponibilità. In poche parole: trasforma quella parte dell’edificio in una mansarda a suo uso esclusivo. Un altro condomino non ci sta e gli fa causa.
Di chi è il sottotetto? Questa in sostanza la domanda cui hanno dovuto dare risposta i vari giudici aditi.
Nell’ambito dei giudizi di merito la risposta è stata la seguente: il sottotetto è del condomino che l’ha trasformato in mansarda. Motivo: non esistevano elementi indicatori della sua condominialità.
Quali sono tali elementi? In primis l’atto d’acquisto e poi la sua conformazione.
Secondo la giurisprudenza, infatti, “l’appartenenza del sottotetto (non indicato nell’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi”(Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091).
La riforma del condominio (legge n. 220/12) ha sostanzialmente ripreso quest’orientamento; l’attuale art. 1117 n. 1 c.c., infatti, specifica che devono considerarsi di beni in condominio “i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune”.
In questo contesto, sostanzialmente invariato nella disciplina vigente prima e dopo l’entrata in vigore della riforma, s’inserisce la sentenza n. 1953 del 29 gennaio 2014 e lo fa specificando che l’uso fatto dal singolo non è indicativo della concreta destinazione all’uso comune.
Si legge in sentenza che il compossesso dal quale far desumere la condominialità non può evincersi “da uno sporadico ed occasionale accesso”.
In definitiva: la destinazione funzionale del sottotetto all’uso comune, è elemento imprescindibile per valutare la sua condominialità.
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