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Sostituzione di delibere e sorte delle cause condominiali

Sostituzione di delibere e sorte delle cause condominiali
In tema di condominio negli edifici, nel caso di sostituzione della delibera spetta sempre al giudice valutare se è intervenuta la cessazione della controversia.

La deliberazione assembleare è il risultato di una discussione tra i partecipanti alla riunione condominiale che ha come risultato quello di vincolare tutti i condomini alle decisioni ivi assunte (art. 1137 c.c.).

L’assemblea decide di nominare amministratore del condominio Tizio piuttosto che Caio?

Tutti i condomini, ergo anche assenti, astenuti e dissenzienti, devono rispettare quella decisione; in poche parole ogni condomino dovrà riconoscere l’amministratore nominato quale proprio legale rappresentante rispetto alle gestione delle parti comuni e comportarsi come tale.

Chiaramente le decisioni assembleari non sono incontestabili: la legge, esattamente l’art. 1137 c.c., prevede che le delibere possano essere contestate impugnandole davanti all’Autorità Giudiziaria.

Impugnazione delle delibere

Ai sensi dell’art. 1137, secondo comma, c.c. contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Si badi: la legge fa riferimento a quelle che la dottrina e la giurisprudenza hanno definito deliberazioni annullabili.

In particolare – a dirlo è la sentenza n. 4806/05 (e la riforma del condominio ha sostanzialmente recepito questi principi, cfr. art. 66 disp. att. c.c.) le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all’oggetto (Cass. SS.UU. n. 4806/05).

Contestazione deliberaDiversa l’ipotesi della nullità che consente l’impugnazione in ogni tempo (quindi anche dopo anni), fatti salvi gli effetti della prescrizione della restituzione dell’indebito (leggasi impossibilità di chiedere indietro somme di denaro) e dell’usucapione (cfr. art. 1421 c.c.).

Secondo la Cassazione sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all’oggetto (Cass. SS.UU. n. 4806/05).

Si badi: l’impugnazione non sospende l’efficacia della delibera che, per essere ottenuta, dev’essere domandata all’Autorità Giudiziaria secondo le norme dettate con riferimento ai giudizi cautelari (cfr. art. 1137, terzo e quarto comma, c.c.).

Ad ogni buon conto è bene ricordare che le cause aventi ad oggetto impugnazione delle delibere assembleari sono soggette al tentativo obbligatorio di mediazione previsto e disciplinato dal d.lgs n. 28 del 2010.

Impugnazione e sostituzione

Molto spesso per evitare le conseguenze pregiudizievoli di una impugnazione sull’efficacia (nel breve periodo per il caso di sospensione e nel lungo per il caso di invalidazione) le assemblee condominiali sostituiscono il deliberato oggetto di contestazione con altra decisione del medesimo tenore.

Esempio: l’assemblea in prima istanza nomina l’amministratore senza rispettare i quorum deliberativi previsti dalla legge, un condomino impugna e l’assemblea sostituisce quella decisione con una uguale nel contenuto ma questa volta rispettosa delle maggioranze all’uopo necessarie.
In tali casi si parla di cessazione della materia del contendere (è stato eliminato il vizio contestato) e di prosecuzione della causa per la così detta soccombenza virtuale (insomma solamente per statuire chi deve pagare le spese legali).

Può accadere che la sostituzione non faccia venire meno i profili d’illegittimità: si supponga, restando al caso dell’esempio, che vengano rispettate le maggioranze ma che l’amministratore non possegga i requisiti di legge per essere nominato e che tale aspetto fosse stato già contestato con l’originaria impugnazione.

In tal caso, a dirlo è stato il Tribunale di Lucca con una sentenza resa il 23 gennaio 2014, la sostituzione non ha effetto ai fini pratici.

Si legge nella pronuncia che per determinare la cessazione della materia del contendere non è sufficiente, infatti, la sostituzione della delibera impugnata con altra asseritamente presa in conformità della legge, ma è necessario che tutti i contendenti si diano reciprocamente atto della mutata condizione e sottopongano al giudice conclusioni conformi (condizione soggettiva) e che il giudice verifichi la rimozione della precedente causa d’invalidità (condizione oggettiva), dovendo accertare se la deliberazione ratificante, anche in ipotesi non impugnata, sia immune dai vizi denunciati contro la deliberazione ratificata (v. per considerazioni di principio espresse in materia di società e associazioni del libro primo ma estensibili alla fattispecie in esame, Cass. civ. 13/6/2008, n. 16017) (Trib. Lucca 23 gennaio 2014 n. 111).

Come dire: se la parte che ha impugnato contesta la ricorrenza di tale sostituzione, il giudice deve verificare se la delibera che sostituisce quella viziata sia a sua volta viziata o meno.
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