BRINDISI – Insulti, minacce, appostamenti nell’androne del palazzo o sul pianerottolo e secchiate d’acqua dal balcone, episodi che per la Procura sono stati tanti e tali da configurare atti persecutori posti in essere da una donna ai danni di un’altra residente nello stesso condominio: una brindisina di 45 anni, questa mattina, è stata rinviata al giudizio del Tribunale con l’accusa di stalking. Stalking condominiale. Perché la vicina, 62 anni, sarebbe stata costretta a modificare le sue abitudini di vita.
La storia su cui dovrà pronunciarsi il Tribunale di Brindisi il prossimo mese di novembre arriva da una palazzina di Francavilla Fontana, dove le due donne vivono da qualche tempo in maniera tutt’altro che serena a sentire quanto ha denunciato una 62enne, stanca di subire, rivolgendosi all’avvocato Domenico Attanasi. Tutto è partito da qui, dall’esposto che il penalista ha presentato in procura agli inizi del 2015, riferendo quel che a suo giudizio era diventato un incubo che non poteva più andare avanti. Perché dopo le parole non proprio carine e niente affatto ripetibili, dopo le offese, sarebbe successo dell’altro: le secchiate d’acqua. Troppo. Impossibile da tollerare. Sempre secondo il difensore che oggi si è costituito parte civile chiedendo il risarcimento dei danni patiti dalla donna, la cui quantificazione è stata rimessa al Tribunale.
L’udienza preliminare si è svolta nella tarda mattinata di oggi (martedì 10 maggio) davanti al gup Maurizio Saso, al quale il sostituto procuratore Valeria Farina Valaori (nella foto in alto) ha chiesto il rinvio a giudizio della 45enne con l’accusa di atti persecutori, fattispecie di cui all’articolo 612 bis, in altri termini, stalking, modulato in chiave condominiale. Probabilmente una delle prime volte a Brindisi e provincia in cui viene riconosciuto e contestato tale capo di imputazione.
Più esattamente, secondo l’accusa, “con condotte reiterate, insistenti e durature” la donna “molestava e minacciava una residente nello stesso condominio, insultandola con cadenza pressoché quotidiana”. Avrebbe detto che “gliel’avrebbe fatta pagare, che non l’avrebbe lasciata più vivere, che non le avrebbe lasciato pace” e le avrebbe rivolto offese dicendole che fosse “una pazza”.
Nel capo di imputazione si legge anche che la 45enne si “appostava nell’androne delle scale o sul proprio balcone per monitorare gli spostamenti”e che avrebbe “atteso il passaggio” dell’altra per “gettarle secchiate d’acqua dal balcone ovvero per sbattere i tappeti oppure la scopa”. In tal modo “avrebbe cagionato” a quella donna, riconosciuta dal pm come parte offesa, “un perdurante e grave stato di ansia e di paura, ingenerando il concreto timore per la sua incolumità e per quella dei suoi prossimi congiunti, costringendola anche ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Quanto al movente, vale a dire i motivi che avrebbero scatenato il comportamento contestato, non è stato riportato nel capo di imputazione. Nell’esposto depositato dall’avvocato Domenico Attanasi (nella foto accanto) si faceva riferimento a vecchie ruggini legate al fatto che la 45enne aveva due cani di grossa taglia.
Secondo il gup, l’accusa può essere sostenuta in giudizio e, di conseguenza, l’imputata dovrà affrontare un processo per difendersi e dimostrare di non aver posto in essere condotte penalmente rilevanti. La difesa è affidata all’avvocato Michele Fino.