Non c’è violazione della privacy se un proprietario di un immobile, che non risulta un condominio, installa per la propria sicurezza un impianto di videosorveglianza che riprende anche gli altri abitanti del palazzo, in entrata e uscita dall’ingresso. Questo perché lo spazio tra il cancello e l’ingresso, se visibile anche all’esterno, da altre persone, risulta un luogo dove non c’è riservatezza. Lo rileva la Cassazione accogliendo il ricorso di un cittadino contro la sentenza del Tribunale di Messina che aveva fatto rimuovere le telecamere sul fabbricato di sua proprietà perché violavano la privacy degli altri inquilini. Era stata la stessa nuora dell’uomo, un messinese, che viveva nell’immobile del suocero, a chiedere la rimozione delle telecamere perché non voleva essere ripresa.
In Tribunale il suocero aveva sostenuto l’esigenza di tenere le telecamere perché aveva subito intimidazioni e minacce e due anni prima dei malviventi avevano sparato sul palazzo. Sempre secondo il suocero, l’immobile non costituiva un condominio essendo lui il proprietario in via esclusiva degli appartamenti e quindi non doveva chiedere l’autorizzazione. Ma il giudice di merito aveva ritenuto che, poiché vi abitavano altre persone, le riprese costituivano una violazione.
Non così per la Prima Sezione Civile della Cassazione che, nella sentenza n.14346, chiarisce: anche se il fabbricato non è un condominio con `aree comuni´ (le quali non possono essere considerate «luoghi di privata dimora o domicilio»), «se l’azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti (nella specie si tratta dello spazio, esterno del fabbricato, intercorrente fra il cancello e il portone d’ingresso), il titolare del domicilio non può evidentemente accampare una pretesa alla riservatezza». (ANSA).