E’ cosa frequente che in un condominio si debbano constatare delle situazioni di morosità in relazione al pagamento di quote ordinarie e straordinarie. La naturale conseguenza dello stato di morosità sta nel’impossibilità, per l’amministratore, di provvedere all’erogazione delle spese per i servizi comuni.
Che cosa accade in questi casi? Quali sono gli strumenti legislativi e regolamentari utili ad uscire da una situazione d’empasse che, nella peggiore delle ipotesi, può portare alla sospensione dei servizi erogati?
In primo luogo bisogna fare riferimento all’amministratore. Egli, infatti, è tenuto a riscuotere i contributi condominiali e per fare ciò, la legge gli consente “ in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea”, di agire per le vie giudiziali al fine di “ottenere decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione”(art. 63, primo comma, disp. att. c.c.).
Il codice civile, quindi, ha posto nella mani del mandatario dei condomini un utile strumento di tutela dei loro interessi.
Nonostante la pregnanza di tali facoltà può accadere che, i normali tempi tecnici di riscossione coattiva dei crediti condominiali (ottenimento dell’ingiunzione di pagamento, notificazione, esecuzione forzata) mal si concilino con la necessità di disporre di somme di denaro per il pagamento tempestivo dei fornitori condominiali. Tale mancanza di tempestività ed il conseguente pagamento ritardato, rischiano di portare alla sospensione della normale erogazione del servizio.
Che cosa si può fare in questi casi?
Comunemente si sente dire che vige in capo ai comproprietari un obbligo di anticipare le quote dei condomini morosi fatto salvo poi il diritto di vedersele rimborsate al momento del recupero giudiziale del credito.
Questa impostazione, che sostanzialmente introdurrebbe un vincolo di solidarietà, non trova riscontro in alcuna norma di legge.
Come hanno ribadito le Sezioni Unite del Supremo Collegio, infatti, “ la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l’art. 1123 cit., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che – in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità – l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto “interesse del condominio”, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza” (così Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148).
In sostanza in queste circostanze, nel silenzio della legge, o meglio, nell’impossibilità per l’amministratore di chiedere ai condomini, sulla base di una disposizione legislativa, l’anticipazione delle somme da recuperare dal comproprietario moroso, sono due le possibili soluzioni:
a)assembleare, vale a dire un accordo tra tutti i condomini (eccezion fatta per il condomino o i condomini morosi) per coprire la quota spese mancante, salvo rimborso al termine della procedura di recupero;
b)regolamentare, ossia una clausola del regolamento di condominio contrattuale che preveda un qualcosa di simile alla deliberazione di cui si è detto nel precedente punto a).