Riparto delle spese e rinuncia all’uso delle parti comuni
Le spese per la conservazione della cosa comune, anche in caso di mancato utilizzo per via della rinuncia all’uso, si pagano in proporzione alla proprietà.
Avv. Valentina Papanice scrive…
Rinuncia al diritto e rinuncia all’uso della cosa comune
CondominioDispone l’art. 1118 c.c. – nella versione post-riforma della L. 220/2012 – che il condomino non può rinunciare al diritto sulla cosa comune nè è esonerato dall’obbligo di pagare le spese per la conservazione delle parti comuni, nemmeno se cambia la destinazione d’uso.
Dopo la riforma di cui alla Legge n. 220/2012, l’art. 1118 c.c. espressamente prevede che il condomino può rinunciare all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento (se il distacco non causi notevoli squilibri di funzionamento e aggravi di spesa per gli altri condomini).
La novella recepisce in toto il più recente orientamento giurisprudenziale sul punto (precedentemente il distacco non era ammesso, v. ad es. Cass. n. 6269/1989), il quale si era formato pressochè interamente su casi relativi a impianti di riscaldamento o di condizionamento.
Si vedano ad esempio, tra le tante, le sentenze della Corte di Cassazione n. 13718/2012, n. 15079/2006 e n. 5974/2004, secondo cui il distacco può avvenire senza l’autorizzazione degli altri condomini purchè non vi siano squilibri di funzionamento e aggravi di spesa per gli altri condomini.
Naturalmente, se il regolamento condominiale contrattuale dice diversamente, l’autorizzazione deve esserci.
La questione però tocca anche altre ipotesi di distacco: la ratio di fondo è infatti generale e dunque applicabile a tutti i casi.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5974/2004, secondo cui tutto dipende dal collegamento delle parti comuni: in sostanza la rinuncia all’uso è possibile solo nei casi in cui l’oggetto della rinuncia non è un elemento collegato in maniera essenziale al piano o porzione di piano; ove invece è possibile la sostituzione, la rinuncia è possibile.
Insomma, la rinuncia non deve comportare un illegittimo esonero dalle spese di un utilizzo che non può non esserci.
Così, ad es. è stata ritenuta legittima la rinuncia all’uso del lastrico solare (v. Cass. n. 3294/1996).
Oppure è stato ritenuto in dottrina che il condomino che sia proprietario di una cantina collegata all’impianto idrico, può ben distaccarsi dall’impianto pur sempre dimostrando che tale operazione non rechi pregiudizio all’impianto comune, al fine di vedersi esonerato dalle spese relative all’uso (A. Gallucci, Il Condominio negli edifici, Cedam, pag. 67).
Proprietà e individuazione delle cose comuni
Ripartizione speseIl motivo di fondo è che, in quanto comproprietario dell’impianto, il condomino è tenuto a pagare; egli non può evitare quella che è tecnicamente un’obbligazione propter rem, che cioè segue la cosa.
Occorre insomma applicare i principi ormai consolidati in materia di individuazione delle cose comuni.
Sostanzialmente, una cosa è comune se rientra nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c. e/o se risulta strutturalmente e/o funzionalmente collegata all’immobile.
Ciò, a meno che dal titolo non risulti diversamente.
E, se la parte è comune, di essa il condomino è comproprietario, dunque varranno le regole di riparto delle spese valevoli per le parti comuni, con esclusione delle spese relative all’uso.
Cosa si deve pagare: spese di conservazione e spese per l’uso
Anche nel caso di distacco dell’impianto, permane comunque sul condomino l’obbligo di pagare le spese dovute per la conservazione.
L’art. 1118 c.c. nella nuova formulazione, al co. 4, a proposito dello specifico caso dell’impianto di riscaldamento e condizionamento, stabilisce che non possono non pagarsi le spese dovute a manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma dell’impianto.
In via generale poi, sempre l’art. 1118 c.c., al co. 3, dispone che la rinuncia non può esimere dal pagamento delle spese per la conservazione e non menziona quelle relative al godimento, mentre l’art. 1104 c.c., a proposito della comunione (norma applicata anche al condominio, giusta la compatibilità con le norme del condominio ex art. 1139 c.c.), distingue tra spese per la conservazione e spese per il godimento.
Criterio di riparto delle spese in caso di rinuncia all’utilizzo
Il riparto non può che essere effettuato secondo il criterio generale che rinvia al valore delle singole proprietà: infatti secondo l’art. 1123 c.c., co.1, le spese necessarie per la conservazione delle parti comuni si ripartiscono tra i condomini in misura proporzionale alla proprietà, salvo diverso accordo.
I commi secondo e terzo indicano criteri speciali per casi particolari, dove le parti comuni sono destinate a servire i condomini in misura diversa (co.2) o qualora la parte comune è destinata a servire solo una parte del fabbricato (co.3); in tali casi il riparto delle spese va effettuato secondo l’uso che ognuno può farne (dunque, anche se non ne fa uso, ma può farne uso) (co.2) e le spese di manutenzione sono ripartite tra i condomini che ne traggono utilità (co.3).
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