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Ogni condomino che effettua spese per le parti comuni dell’edificio, senza essere stato autorizzato dall’amministratore o dall’assemblea, ha diritto ad ottenere il rimborso solamente se si tratta di spesa urgente. Questo, in sostanza, il contenuto dell’articolo 1134 del Codice civile.
La ratio della norma è chiara: salvaguardare l’unità amministrativa della compagine condominiale limitando l’attività gestionale dei singoli partecipanti a casi eccezionali. Due gli elementi fondamentali che caratterizzano l’articolo: la spesa per le cose comuni effettuata dal singolo senza autorizzazione alcuna e l’urgenza dell’intervento.
Con una recente sentenza, la numero 4330 dello scorso 19 marzo, la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento ribadendo in modo chiaro ed organico l’interpretazione della nozione di urgenza e la sua verificabilità in concreto.
Codice civile e prassi
Prima d’entrare nel merito della vicenda, al fine di comprendere quando è possibile per il condominio ottenere il rimborso della spesa effettuata, è bene chiarire rispetto a quali costi trova applicazione l’articolo 1134. La norma parla genericamente di «spese per le cose comuni» senza specificare se tali costi debbano essere riferiti a manutenzione ordinaria o straordinaria.
È chiaro che il concetto d’urgenza richiama la straordinarietà dell’intervento, ma non sempre è così. A questo punto è bene ricordare che, secondo la giurisprudenza, la manutenzione ordinaria riguarda interventi che servono a conservare in buono stato l’edificio e i suoi impianti, mentre quella straordinaria riguarda opere necessarie a ripristinare lo status quo ante, senza guardare all’entità della spesa (Cassazione 4 gennaio 1969 n. 10). Così, ad esempio, affidare l’incarico (una tantum o periodico è indifferente) a un’impresa per la pulizia delle scale è sicuramente atto ordinario; esso spetta all’amministratore e all’assemblea; e solamente se c’è urgenza anche al singolo condomino.
La sentenza della Cassazione
Arriviamo, quindi, al fulcro della vicenda. Che cosa deve intendersi per urgenza? È qui che entra in ballo la sentenza di Cassazione. Immaginiamo un puzzle: nella pronuncia 4330, gli ‘ermellini’ non hanno fatto altro che incastrare i vari pezzi (rappresentati in questo caso da precedenti sentenze), dando armonia al quadro d’insieme. Vediamo in che modo. Quanto all’urgenza, la Corte ha ribadito che è da considerarsi tale «la spesa, la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia».
L’onere di provare tale urgenza grava sul condomino che invoca l’applicazione dell’articolo 1134. Egli, chiariscono ulteriormente i giudici di piazza Cavour, deve dimostrarne l’indifferibilità «ossia la necessità di eseguirla senza ritardo, e quindi senza poter avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini». La valutazione dell’urgenza, concludono i giudici nella pronuncia in esame, è atto rimesso alla discrezionalità del giudice di merito. In sostanza se la sentenza di primo grado o d’appello sono logicamente motivate, la Cassazione non può metterci bocca. Per dirla fuori dall’angusto linguaggio giuridico: ciò che sembra urgente a uno può non esserlo per un altro. Se quest’altro è il giudice che esprime chiaramente il perché della sua decisione, non ci si può fare nulla.
È evidente, allora, parlando in termini generali, che la difficoltà sta nel portare degli esempi concreti che possano caratterizzare una spesa come urgente. Nel caso risolto dalla Cassazione, ad esempio, è stata ritenuta non urgente la spesa affrontata dal titolare esclusivo di un lastrico solare, in quanto già deliberata dall’assemblea condominilae e comunque per quanto necessaria non indifferibile. Un dato, però, è certo: la spesa urgente dev’essere rimborsata tanto nella mega compagine con centinaia di partecipanti quanto nel condominio minimo (Sezioni unite della Corte di Cassazione numenro 2046 del 2006).