Quando la delibera assembleare salva l’amministratore dalla responsabilità penale?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. III, sent. 15 ottobre 2013, n. 42347) ha affrontato il problema della responsabilità penale dell’amministratore di condominio relativamente agli “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione” ex art. 26 del D.Lgs 81 del 2001 (Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro – c.d. T.U.S.L.).
Il caso. Un amministratore era stato condannato per avere affidato i lavori di abbattimento di una pianta di rilevanti dimensioni senza verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice e per non aver fornito ai soggetti incaricati dell’esecuzione dell’intervento dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui erano chiamati ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate dal condominio (26, c. 1, lett. a) e b), 55 c. 4 lett. d) d.lgs. 81/08).
Nonché per il reato di cui agli artt. 26, c. 2, lett. a) e b) e 55, c. 4, lett. d) d.lgs. 81/2008 per avere, in collaborazione con i datori di lavoro delle ditte e con i lavoratori autonomi presenti nel giardino condominiale, omesso di provvedere a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e a coordinare, attraverso la reciproca informazione, gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera. La Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di merito.
L’amministratore “datore di lavoro” per le opere da eseguirsi nel condominio. Anche l’amministratore di condominio può assumere la qualifica di “datore di lavoro” nei confronti dei soggetti incaricati ad effettuare opere e lavori per il condominio (Cass. pen. 1° giugno 2011, n. 22239). La disposizione dell’art. 2 del T.U.S.L. definisce come “datore di lavoro” il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
Pertanto si deve ritiene pacifico che “l’amministratore di un condominio assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all’organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio stesso ma, in caso di affidamento in appalto di dette opere, tale evenienza non lo esonera completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo assumere, in determinate circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all’osservanza di ciò che è stabilito dall’art. 26 d.lgs. 81/2008”. Principio recentemente ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione che si commenta.
Si osserva, inoltre, che già sotto la vigenza del D.lgs 626/1997 Il Ministero del Lavoro aveva chiarito che “il datore di lavoro nei condomini va individuato nella persona dell’amministratore condominiale pro-tempore” (Circ. 5.03.1997, n. 28).
Quando interviene l’esonero della responsabilità. Per la configurabilità penale è, però, necessario analizzare la delibera condominale che decide l’appalto dei lavori poiché solo così si può accertare il ruolo “effettivamente svolto dall’amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuiti”; e verificare se la condotta sia riconducibile “alle fattispecie contemplate dalle disposizioni precedentemente richiamate”. Pertanto l’amministratore potrà essere chiamato a rispondere penalmente della violazione dei precetti sanciti dalla legge solo“se lo stesso ha agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio (…) non potendosi prescindere dal ruolo effettivamente svolto dall’amministratore nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuiti”.
Dovrà essere valutato caso per caso, l’esistenza di tale vincolo e solo in caso di sua assenza, di una concreta autonomia decisionale e/o gestionale, l’amministratore potrà subirne le conseguenze penali descritte.
Gian Luca Ballabio, Ivan Meo
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