Case in condominio: perché il compratore può essere chiamato in causa per il pagamento di somme dovute dal venditore?
Di Alessandro Gallucci…
L’incubo di molti acquirenti di unità immobiliari ubicate in condominio è rappresentato da spese a sorpresa.
Insomma le classiche somme che non si sapeva dovessero essere corrisposte e che non appena acquistata casa (taaac! verrebbe da dire), l’amministratore richiede.
Attenzione, trasparenza nelle trattative e patti chiari al momento della vendita: questi i rimedi per non accollarsi spese che non riguardano chi acquista.
Eppure ciò non basta per evitare che l’amministratore possa comunque richiedere delle somme ai compratori.
In buona sostanza, è questa la risposta che fornisco a chi mi chiede delucidazioni sull’argomento, gli accordi valgono tra venditore e compratore ma nei confronti quest’ultimo è sempre responsabile in solido, come dire: deve comunque pagare per poi rivalersi sul primo.
Perché mi viene chiesto?
La risposta è contenuta nel secondo comma dell’attuale art. 63 disp. att. c.c. che recita:
Chi subentra nei diritti di un condominio e obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all`anno in corso e a quello precedente.
Si tratta dell’applicazione, in ambito condominiale, del così detto principio di ambulatorietà passiva delle obbligazioni.
In questo contesto, di recente, la Cassazione ha avuto modo di ribadire che gli indirizzi giurisprudenziali più incisivi (v. Cass. 22 febbraio 2000, n. 1956) hanno avuto ”modo di chiarire che il principio dell’ambulatorietà passiva in ambito condominiale trova riscontro proprio nel citato art. 63, comma 2, disp. att. c.c., in virtù del quale l’acquirente di un’unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto, ed opera nel rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare, non anche nel rapporto tra questi ultimi.
In questo secondo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto tra le parti, è invece operante il principio generale della personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino e se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa. In altri termini, il menzionato art. 63 disp. att. c.c. (che individua un logico corollario della natura "propter rem" dell’obbligo di contribuire alle spese afferenti le cose e i servizi comuni) costituisce, per certi aspetti, un’applicazione specifica dell’art. 1104, comma 3, c.c. relativo alla comunione in generale, con la previsione della limitazione in base alla quale l’obbligazione del cessionario, caratterizzata dal vincolo di solidarietà con quella del condomino cedente, investe soltanto i contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente (intendendosi il riferimento all’anno come relativo all’annualità condominiale)” (Cass. 2 maggio 2013, n. 10239).
Un’ultima annotazione sulla solidarietà. Il quinto comma dell’art. 63 disp. att. c.c., quello che si applicherà dopo il 18 giugno, ossia dopo l’entrata in vigore della riforma recita:
Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto
Che vuol dire?
Che a partire dalla metà di giugno, non solo il compratore sarà responsabile in solido con il venditore nei limiti sopra indicati ma che quest’ultimo potrà essere chiamato a rispondere anche dei debiti del nuovo proprietario finché non è comunicata la cessione dell’unità immobiliare.
Come dire: principio dell’apparenza ben tornato (cfr. in senso contrario Cass. SS.UU. n. 5035/2002).