Regolamento condominiale contrattuale e clausole regolamentari
Avv. Alessandro Gallucci scrive…
In tema di condominio negli edifici ha natura regolamentare la clausola che disciplina le modalità d’uso del parcheggio comune anche se inserita in un regolamento avente origine contrattuale.
Questa, in estrema sintesi, la decisione resa dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 9681 del 6 maggio 2014.
La pronuncia s’inerisce nel solco della tradizionale distinzione tra clausole regolamentari e contrattuali e ribadisce che è ben possibile che un regolamento contrattuale contenga clausole di natura assembleare, come tali modificabili con la normale procedura di revisione del regolamento assembleare (cfr. art. 1138 c.c.)
Nozione di regolamento condominiale
Il regolamento di condominio, a dircelo è la giurisprudenza, è l’atto con il quale si disciplinano una serie di aspetti, menzionati nell’art. 1138 c.c., inerenti la gestione della compagine cui si riferisce.
Più specificamente, secondo la Cassazione, "il regolamento di condominio, quali ne siano l’origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale, quanto, soprattutto, per i singoli condomini" (Cass. 29 novembre 1995 n. 12342).
Il regolamento condominiale, è bene ricordarlo, è obbligatorio quando i condomini sono più di dieci.
Con il termine condomini, vale la pena evidenziarlo, si fa riferimento ai proprietari di un’unità immobiliare ubicata in un complesso condominiale. Più comproprietari di una medesima unità immobiliare, ai fini del computo dei condomini, devono essere considerati alla stregua di un unico partecipante al condominio (cfr. art. 67 disp. att. c.c.).
Origine e natura del regolamento
Il regolamento può avere origine e natura assembleare oppure origine contrattuale e natura contrattuale oppure ancora origine contrattuale e natura mista (ossia contenere clausole contrattuali ed assembleari).
Il regolamento assembleare dev’essere approvato con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che rappresentino almeno 500 millesimi. La modifiche possono essere deliberate con le medesime maggioranze.
Nel caso del regolamento contrattuale il discorso è più articolato. Esso è sempre approvato con il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio. La differenza sostanziale tra i due tipi di regolamento sta nel fatto che solamente quest’ultimo può contenere clausole limitatrici dei diritti dei singoli sulle cose comuni e di proprietà esclusiva che si sostanzino in oneri reali, obbligazioni propter rem o vere e proprie servitù. Unico limite: l’inderogabilità delle norme elencate nel quarto comma dell’art. 1138 c.c. Il regolamento negoziale, tuttavia, può anche contenere delle semplici clausole regolamentari.
La distinzione della natura delle clausole è di fondamentale importanza. Infatti mentre per la modificazione delle clausole contrattuali è sempre necessario il consenso scritto di tutti i condomini, per la revisione delle norme regolamentari contenute in un regolamento contrattuale è sufficiente una deliberazione assembleare adottata con le maggioranze previste dall’art. 1138 c.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 943/99).
Natura delle clausole che disciplinano l’uso del parcheggio condominiale
Nel caso risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 9681, un condomino impugnava una delibera assembleare che aveva disposto l’uso del cortile-parcheggio comune con sistema turnario. Motivo dell’impugnazione: la disciplina dell’uso del cortile era già contenuta in un articolo del regolamento di natura contrattuale sicché per modificare tale norma sarebbe stato necessario il consenso scritto di tutti i condomini.
In primo grado il condomino impugnante vedeva riconosciute le proprie ragioni ma il giudizio d’appello capovolgeva la situazione. Da qui il ricorso in Cassazione dell’originario attore. Ricorso respinto.
Si legge nella sentenza resa dagli ermellini che “la Corte di appello, partendo dalla corretta premessa che le disposizioni del regolamento di condominio le quali disciplinano l’uso delle parti comuni non hanno natura contrattuale per il solo fatto che siano state approvate all’unanimità, ha ritenuto che la clausola in questione faceva parte del contenuto normale del regolamento di condominio, di cui all’art. 1138, primo comma, cod. civ., per cui poteva essere modificata con la maggioranza prevista dal successivo terzo comma” (Cass. 6 maggio 2014 n. 9681).
Chiaramente l’esame della natura negoziale o regolamentare di una norma dev’essere eseguito caso per caso sicché la specifica formulazione della clausola, anche nell’ambito complessivo in cui è posta, può incidere sulla sua natura.
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