Recupero crediti condominiali e responsabilità dell’amministratore per la gestione dell’azione e della procedura esecutiva
—di Alessandro Gallucci,
Il condomino moroso può essere perseguito legalmente per ottenere, eventualmente anche per via esecutiva, il pagamento di quanto dovuto.
In tal senso è chiarissimo il primo comma dell’art. 63 disp. att. c.c. a mente del quale:
Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
La giurisprudenza ha sostanzialmente esteso la portata della norma specificando che “il verbale di un’assemblea condominiale contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni costituisce prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario per l’ulteriore fine di ottenere anche la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.” (Cass. 21 novembre 2000 n. 15017 in Giust. civ. Mass. 2000, 2393).
Come dire: se non c’è il piano di riparto il condominio può ottenere un decreto ingiuntivo anche se non provvisoriamente esecutivo.
Entro quanto tempo dev’essere intrapresa l’azione legale di recupero del credito?
Il nono comma dell’art. 1129 c.c. afferma che:
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.
L’esercizio si chiude a gennaio? Entro giugno l’amministratore deve iniziare l’azione legale per recuperare il credito dal condomino moroso, salvo espressa dispensa assembleare.
L’azione utilizzabile è anche quella di cui parla l’art. 63 disp. att. c.c. In buona sostanza se non v’è stata approvazione del rendiconto, l’amministratore potrà agire anche attraverso un’ordinaria azione civile.
Non agire nel rispetto di quanto stabilito dalla legge vuol dire rendersi inadempiente rispetto ad un proprio preciso obbligo. Ciò solo, tuttavia, non rappresenta grave irregolarità dalla quale può discendere le revoca giudiziale o almeno non è un causa automatica di revoca da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Rappresenta tale irregolarità, ai sensi dell’art. 1129, dodicesimo comma n. 6, c.c. “qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva”.
In buona sostanza è necessario operare una distinzione tra inizio dell’azione legale di recupero del credito e sua mancata diligente cura.
Nella prima ipotesi, infatti, delle valutazioni di opportunità valutabili caso per caso (es. il condomino è proprietario solo di quell’immobile che è sta per essere venduto all’asta per soddisfare il credito della banca e intervenire nella procedura rappresenterebbe solamente un costo) possono portare a non agire. Nella seconda ipotesi, invece, non curare quanto già azionato (ferma restando la stessa situazione descritta nell’esempio appena illustrato) comporta una valutazione automatica di grave irregolarità nella gestione.
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