Quanto tempo massimo dura in carica l’amministratore di condominio?
L’amministratore di condominio può restare in carica massimo un anno. È questa la conseguenza che scaturisce dalla recente riforma del condominio.
In verità, la nuova norma [1] farebbe pensare tutt’altra cosa. Essa, infatti, stabilisce che l’incarico all’amministratore “si intende rinnovato per eguale durata”. Qualcuno ha così pensato che, in tale sintetica espressione, si nasconda la possibilità di prevedere l’automatico rinnovo del mandato, di anno in anno, sino a revoca espressa da parte dell’assemblea. In realtà, l’opinione che prevale è quella opposta.
La spiegazione è abbastanza semplice. Alla scadenza del proprio mandato, l’amministratore è tenuto a convocare l’assembla perché voti sull’eventuale rinnovo del suo incarico o per la sostituzione con altro professionista. Se non provvede a tanto, egli commette una delle gravi irregolarità che ne autorizzano la revoca da parte del giudice [2].
Dunque, in fin dei conti, all’approssimarsi della “dead line” del mandato c’è sempre bisogno di un atto formale ed espresso – da parte della maggioranza dei condomini – di investimento per un ulteriore anno. Il che, ovviamente, mal si concilia con l’idea di una proroga tacita.
Del resto, all’atto del rinnovo del mandato, l’amministratore deve compiere degli adempimenti ineliminabili quali: la comunicazione dati anagrafici e professionali, codice fiscale, sede legale (denominazione sociale se si tratta di società), locale in cui sono tenuti i registri condominiali, orari in cui è possibile prenderne visione, importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta [3].
Il rinnovo del contratto, dunque, per un ulteriore anno (e così via, di anno in anno) non opererà mai in via “automatica” e tacita, ma solo per mancata decisione dell’assemblea di sostituire l’amministratore uscente con uno nuovo e, quindi, con la votazione che riconferma il suo incarico.
Che succede, però, se l’assemblea non viene convocata o non ha le maggioranze necessarie per decidere? In questo caso, si configura quella che viene comunemente chiamata “prorogatio imperii”, ossia una proroga – in via provvisoria e urgente – degli incarichi, in attesa della eventuale conferma o sostituzione, che consente all’amministratore, durante tale periodo intermedio, di eseguire soltanto le attività urgenti per evitare pregiudizi agli interessi comuni. Durante la “prorogatio imperii” l’amministratore non ha diritto ad ulteriori compensi: il che funge da stimolo, per questi, ad adoperarsi per far decidere prontamente l’assemblea circa il rinnovo della carica.
[1] Art. 1129, comma 10, cod. civ.[2] Art.1129, comma 12, n. 1, cod. civ.
[3] Art. 1129 cod. civ.
[4] Art. 1129, co. 8, cod. civ.
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