Povera Grecia, "salvata" da un branco di lupi affamati
Cari amici,
Mi sembra che sta finendo peggio di quello che mi aspettavo.
I Greci sono condannati a decenni di austerità; se avessi un figlio greco gli consiglierei di emigrare.
Noi italiani per ora la sfanghiamo, ma lentamente stiamo affossando nella stessa situazione della Grecia.
L’ Euro non è il nostro destino. Se vogliamo possiamo riprenderci la nostra storia e il nostro destino, monetizzando il nostro debito come abbiamo sempre fatto.
Perchè gli stati se lo vogliono sono sovrani; possono prendersi la libertà di essere liberi.
Non abbiamo bisogno di tutte queste regole europee che ci stanno condannando alla povertà (…per moltissimi!); possiamo e dobbiamo avere il coraggio di cambiare.
Spero con tutto il cuore che per la Grecia la storia non sia finita, e che trovi il coraggio di ribellarsi alla tirannia europea.
Oggi è un giorno triste per la democrazia (per chi ci crede ancora!).
Un nuovo programma di aiuti del Fondo Salva-Stati da 86 miliardi in cambio di un fondo in cui far confluire 52 miliardi di asset greci “da privatizzare per realizzare profitti, abbattere il debito e ricapitalizzare le banche”. E’ l’accordo raggiunto dopo 17 ore di negoziati all’Eurosummit di Bruxelles sul caso Grecia. Alle 8.40 – al termine del vertice più lungo della storia dell’Unione Europea, il premier belga Charles Michel ha dato l’annuncio su Twitter con una sola parola: “Accordo“. Un’intesa subordinata all’approvazione delle riforme chieste dall’Ue: “Entro mercoledì devono essere adottate le misure indicate nell’accordo, prima che noi possiamo sottoporre la cosa ai nostri parlamenti”, ha spiegato la cancelliera tedesca Angela Merkel.
“Abbiamo raggiunto un ‘Greekment” – ha detto in conferenza stampa Tusk, con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem – ma lo abbiamo fatto a condizioni molto severe da rispettare, ma la decisione dà alla Grecia la possibilità di rimettersi in carreggiata e evita le conseguenze economiche negative che ci sarebbero potuto essere in caso di fallimento del negoziati. Un accordo che consente ripristinare la fiducia tra Atene i partner dell’Eurozona”. Ha proseguito Juncker, presidente della Commissione Ue: “La Grexit non ci sarà, pacchetto di aiuti alla Grecia è stato accettato dall’Eurogruppo”. “Sarà istituito un fondo in cui far confluire asset greci per 52 miliardi e sarà basato in Grecia”, ha spiegato Dijsselbloem, secondo cui il fondo “privatizzerà asset di Stato per realizzare profitti, e servirà ad abbattere il debito e alla ricapitalizzazione delle banche, cui andranno 25 miliardi”. A questo proposito, racconta una fonte, il premier greco Alexis Tsipras, durante le lunghe ore di negoziato, avrebbe anche fatto il gesto di sfilarsi la giacca e offrirla agli interlocutori, come a dire che la Grecia non sa davvero più cos’altro offrire.
Una notte di negoziati febbrili, conclusasi con a terza e ultima tornata di incontri bilaterali in cui il premier greco Alexis Tsipras, con un piede già fuori dal palazzo del governo, ha incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk per trattare fino all’ultimo minuto con gli ultimi brandelli di capacità contrattuale rimastagli sui due i principali temi sul tavolo: la consistenza del fondo di garanzia e la presenza del Fondo Monetario Internazionale nella gestione dell’accordo. Atene vorrebbe che l’organizzazione guidata da Christine Lagarde non avesse un ruolo centrale nel nuovo piano di salvataggio della Grecia e che tutto rimanesse maggiormente all’interno dei confini europei. Ma Merkel sulla questione sarebbe inflessibile, riportano alcune fonti.
Al di là dei dettagli, quello che si sta consumando a Bruxelles è uno scontro che rivoluzionerà l’Unione.
L’Europa chiede ad Atene di compiere in tre giorni la riforma delle pensioni e dell’Iva, e addirittura quella del codice civile per snellire i processi.
Non solo, ma pretende di rimandare la troika nella capitale greca (il testo parla di “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”) e chiude ad ogni possibile haircut, concedendo al massimo solo un possibile allungamento del periodo di grazia.
Nelle prime stesure il testo conteneva anche la minaccia di avviare, in caso di mancato accordo, “negoziati per una uscita temporanea dalla zona euro”, a quel punto anche “con possibile ristrutturazione del debito”. Una parte poi sparita nelle successive limature del testo.
La situazione ha scatenato dure reazioni nel mondo. “La lista di richieste dell’Eurogruppo è pazzia”, scrive nel suo blog sul New York Times il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, parlando di “pura vendicatività“. “E’, presumibilmente – aggiunge – pensata per essere una offerta che la Grecia non può accettare. E’ un grottesco tradimento di tutto ciò per cui sta il progetto europeo”. Su internet si è diffuso l’hashtag #ThisIsACoup (‘Questo è un colpo di Stato‘), diventato rapidamente il secondo più usato sul social network in tutto il mondo.
Il quotidiano britannico The Guardian ha definito “waterboarding mentale” il trattamento subito dal premier greco Alexis Tsipras, al quale sarebbe stato intimato di fare le riforme o di rassegnarsi a vedere il suo Paese fuori dall’euro e le sue banche collassare.
Quello che ora tutti si chiedono è come finirà questa vicenda e se a pagarne le conseguenze, nel medio periodo, non sarà forse anche la Germania, la cui leadership potrebbe essere intaccata dall’esibizione di tanta asprezza.
Il senso dell’operato della Commissione, che ha respinto la proposta di accordo dei greci (coincidente per il 95% con quella avanzata dalla stessa commissione tre settimane fa) è molto chiaro: farla pagare a Tsipras per il referendum. Le richieste di addolcimento avanzate da Atene erano ridicolaggini già al di sotto della decenza: rinviare l’aumento dell’Iva per le isole ad ottobre, in modo da salvare la stagione in atto, chiedere una dilazione delle prossime rate di pagamento, riservarsi di dettagliare i beni da privatizzare ad un secondo momento. E la speranza di ottenere un taglio del debito. La risposta è stata: non se ne parla nemmeno. E’ evidente il carattere tutto politico del No della Commissione e la sua valenza punitiva. Il referendum è stato uno sgarbo inaccettabile: Tsipras ha fatto passare il precedente di una consultazione popolare su un terreno che deve restare di stretta pertinenza delle tecnocrazie finanziarie dell’Unione. Dunque, possiamo dire che Tsipras “cade in piedi” uscendone da “vincitore morale”? Neanche per sogno: la sua è stata una mossa tardiva e mal congegnata: non si lancia una sfida di quel peso se poi non si è sicuri di difendere il risultato.
Se fai un referendum, e di quel tipo, dopo devi difenderne l’esito sino all’ultima goccia di sangue. Mentre, già con la sua proposta di accordo, Tsipras ha perso la faccia: se dopo che il No vince con quelle percentuali, offri una intesa al 95% Tsipras e Merkelcoincidente con la proposta bocciata, sei un pagliaccio ed è lecito chiedersi cosa avresti proposto se avessero vinto i Sì. Dunque, Tsipras aveva già perso, ma questo No della commissione, fa tracollare definitivamente Syriza. Questa non è una proposta di accordo, è un diktat: “niente promesse, le riforme le devi fare e in sette giorni, seguiranno altre richieste e non sappiamo nemmeno se così va bene perché di te non ci fidiamo”. Questo è quello che Tsipras si è sentito dire ed ora gli scenari che si aprono sono questi due: o si piega totalmente ai voleri berlinesi ed offre obbedienza pronta, rispettosa e leale anche per il futuro, o niente aiuti se non quelli umanitari e finisce fuori dell’euro in men che non si dica.
Se sceglie la prima cosa Siryza si spacca, la piazza insorge, si va a nuove elezioni e lui non prende nemmeno il 15% dei voti. Se sceglie la seconda le banche non possono dare neppure 10 euro, lo Stato non può più pagare stipendi e pensioni e il paese è alla fame. E, a questo punto, non è nemmeno sicuro di trovare ancora la disponibilità di russi e cinesi a soccorrerlo, perché di uno così non si fida più nessuno. Ormai è diventato “a Dio spiacente e a li nimici sui”. Ha solo una mossa possibile da fare: dimettersi, passare la mano ad un presidente del consiglio più benaccetto nel salotto della Commissione (che, naturalmente farà tutto quel che gli si ordina). Si può solo sperare che, se l’interlocutore non è più il vituperato Alexis, non si senta dire “Di te non ci fidiamo” e, magari, ottenga qualche piccolo sconto. Ovviamente, anche in questo caso Siryza è finita.
C’è chi dice che Alexis sia stato un ingenuo perché non si aspettava la mossa di bloccare i rifornimenti alle banche, paralizzando la vita quotidiana del greci. Uno che non si aspetta una mossa del genere non è un ingenuo, è un cretino. La verità è molto più semplice: Tsipras è un piccolo opportunista con niente in testa, che prova mossa per mossa ad ottenere qualcosa. Lui non ha nessun progetto per il suo paese, non sa dove mettere le mani, “campa” alla giornata e ha condotto le trattative senza nessun disegno. L’errore iniziale, da cui è disceso tutto il resto, è stato il non avere un piano di rilancio dell’economia del suo paese, un piano che non poteva non comportare l’uscita dall’euro, che è un lusso che un paese come la Tsipras con Pablo Iglesisas, leadare di PodemosGrecia non si può permettere. Lui ha illuso l’elettorato promettendo di restare nell’euro e finirla con l’austerità e che questo sarebbe bastato a far rifiorire l’economia greca.
Dimenticando (o non sapendo) che: a- lui poteva decidere di uscire dall’euro ma non di restarci, perché questo dipendeva dalla volontà degli altri di tenercelo; b- che l’euro non è separabile dalle politiche di austerity per i paesi indebitati; c- che anche ottenendo, per qualche miracolo speciale, permanenza nell’euro e fine delle politiche di austerity, resterebbe comunque il problema di reimpiantare un tessuto di imprese che risollevi l’economia nazionale esportando, e questo non lo fai con una moneta come l’euro. Pertanto, avere come caposaldo indiscutibile la permanenza nella moneta unica, la partita era già compromessa dall’inizio e la politica di tracheggiamento di questi mesi ha solo peggiorato la condizione di Atene. Per cui, se da un punto di vista tattico Tsipras non vale niente, in compenso, strategicamente è uno zero assoluto. Ed è anche un disonesto: Giannuliuna persona onesta non promette quel che non è certo di poter mantenere. Può dire al massimo “ci proverò”, ma non può promettere per certo.
Uno che dice una cosa del genere o è un incompetente assoluto o è un truffatore, e truffare l’elettorato è l’azione più spregevole che un uomo politico possa fare, peggiore anche del prender tangenti. E mi pare che della stessa pasta siano tutti i neo-socialdemocratici (compresa la nuova stella del firmamento: Podemos) che promettono l’euro e la fine dell’austerità. Come dire: la botte piena, la moglie ubriaca e l’amante della moglie che paga il conto. Ragazzi: ogni tanto studiate qualcosa. Un’ultima considerazione: chi oggi difende Tsipras, sostenendo che si è comportato al meglio, ci sta dicendo che, al suo posto, avrebbe fatto lo stesso e, nel caso si trovasse al governo in Italia, farà lo stesso. Matita e taccuino, segnare i nomi e ricordarsene il giorno delle elezioni politiche. Io me ne ricorderò e, a suo tempo, ripubblicherò quei nomi.
(Aldo Giannuli. “Tsipras: tutto è perduto, anche l’onore”, dal blog di Giannuli dell’11 luglio 2015).
l Nobel Paul Krugman sostiene che l’idea di Tsipras che il Grexit sia impossibile ha indebolito moltissimo la sua posizione negoziale. A questo punto ci sono solo delle alternative terribili, e il Grexit sarebbe la migliore.
di Paul Krugman, 12 luglio 2015
Ovviamente le notizie che arrivano dall’Europa sono terribili, e c’è molta confusione su quanto sta accadendo. Ecco quello che penso su questa storia, anche se non ho fatto nessun reportage indipendente.
1. Tsipras a quanto pare si è lasciato convincere, qualche tempo fa, che l’uscita dall’euro era del tutto impossibile. Sembra che Syriza non abbia nemmeno fatto alcun piano di emergenza per una moneta parallela (spero di scoprire che non sia così). Questo l’ha lasciata in una posizione negoziale senza speranza. Sto anche da persone che dovrebbero essere informate dei fatti che Ambrose Evans-Pritchard ha ragione quando dice che Tsipras sperava di perdere il referendum, per avere una scusa per la capitolazione.
2. Ma una resa sostanziale non è sufficiente per la Germania, che vuole un cambiamento di regime e l’umiliazione totale – e c’è una fazione importante che vuole proprio buttar fuori la Grecia, e praticamente apprezzerebbe il fallimento di uno stato come avvertimento per gli altri.
3. Non so se qualche tipo di accordo potrebbe ancora essere approvato; ma anche se lo fosse, quanto tempo potrebbe durare?
Il fatto è che tutti i sapientoni che dicono che un Grexit è impossibile, che porterebbe ad una implosione completa, non sanno di cosa stanno parlando. Quando dico questo, non voglio dire che sono necessariamente in errore – credo che lo siano, ma chiunque sia convinto di qualcosa qui si sta illudendo. Quello che voglio dire invece è che nessuno ha esperienza di quanto sta accadendo davanti a noi. È impressionante come la saggezza convenzionale qui fraintenda completamente il parallelo più vicino, l’Argentina 2002. La solita narrativa è completamente sbagliata: la de-dollarizzazione * non* ha causato il collasso economico, ma lo ha seguito, e la ripresa è iniziata molto presto.
A questo punto ci sono solo delle alternative terribili, grazie alla inettitudine del governo greco e, cosa molto più importante, alla campagna del tutto irresponsabile di intimidazione finanziaria condotta dalla Germania e dai suoi alleati. E sento che devo dirlo: a meno che la Merkel non trovi miracolosamente un modo per offrire un piano molto meno distruttivo, il Grexit, per quanto possa essere terrificante, sarebbe meglio.