Ma che c’azzecca Magris con Di Pietro?
Segnalo questo articolo tratto dal Giornale di oggi, che evidenzia l’ equilibrio e l’ equidistanza di questi giornalisti, che mai si sognerebbero per parteggiare tra le diverse coalizioni in campo!
Il giornalista si chiede perchè mai un intellettuale dovrebbe legarsi al “contadino” Di Pietro?
L’ insigne rappresentante del Giornale insinua che esiste una lontananza siderale tra l’ illustre scrittore e il sanguigno politico, tale che non sarebbe possibile un sodalizio per un progetto politico comune.
E’ emblematico il ricorso ad espedienti semantici del tipo “la rete di tonino”, al fine di far intendere la pochezza di idee dell’ “avversario”.
A mio giudizio questi toni così marcatamente polemici e ideologici servono se si riferiscono ai commenti al campionato di calcio, ma sono ben lontani da un dibattito politico che possa ambire ad avere dei contenuti da condividere.
E’ evidente, a mio giudizio, che ci sono moltissimi motivi per non aderire al popolo della libertà, oppresso da un sistema di potere pseudo monarchico-televisivo che è ben lontano da una gestione democratica della cosa pubblica.
E’ altresì evidente che il cosiddetto PD oggi è un contenitore di idee non originali, manifestate in modo confuso e sempre in concorrenza con nuove idee di sinistra che devono ancora trovare dei canali originali per esprimersi e trovare un’ accoglienza politica adeguata.
Pertanto, un qualunque intellettuale che abbia desiderio di dare un contributo politico al nostro paese, non sa da che parte voltarsi, ed abbraccia l’ unico movimento politico che, perlomeno, si fonda su “valori” almeno intellettualmente più desiderabili di una non meglio definita “libertà”.
Questo ragionamento si può esprimere molto più semplicemente con il proverbio: O mangi questa minestra, oppure salti dalla finestra!
…il tutto in attesa di idee nuove e originali, per poter immaginare un futuro possibilmente più “umano” e meno “televisivo”.
Il giornale
Dev’essere il sottile fascino del populismo in canottiera, l’attrazione fatale dell’uomo di lettere per l’uomo di poche letture, per i modi rudi da contadino, per il parlar chiaro («così mi capisce pure a mia nonna» direbbe Tonino) così lontano dalla stratosfera delle belle lettere. Ma a questo punto è materia per sociologi: Di Pietro e l’élite culturale, un connubio sorprendente. Perché, dopo le adesioni di filosofi, storici, editori e letterati, chi se lo aspettava anche l’outing di un raffinato scrittore in odore di Nobel come Claudio Magris, in sostegno di Antonio Di Pietro e del suo rumoroso battaglione Idv? Se ne vociferava, si raccontava di mail di propaganda spedite da Magris agli amici per far votare Antonio, ma ieri c’è stato il suggello ufficiale con una nota inviata dal fine germanista alle agenzie, sotto forma di appello per l’altro intellettuale mitteleuropeo carambolato nel partito dell’ex pm e candidato in Europa, Giorgio Pressburger.
Motivo dell’innamoramento dell’editorialista del Corriere per la causa di Tonino? A parte l’amicizia col danubiano Pressburger («è un vero europeo»), è che l’Idv gli sembra «un’opposizione al contempo moderata, aliena da ogni estremismo e ferma». Già qui, l’uso di quell’aggettivo «moderato», per Di Pietro (che fa opposizione dando agli avversari del magnaccia, del nazista, del fascista etc), è una licenza che solo un virtuoso delle lettere può concedersi. Percorsi intellettuali troppo sottili per essere compresi in qualche riga, ma che hanno tuttavia portato Magris dalle sponde del Danubio alle radure di Montenero di Bisaccia. Un salto impressionante. Come farà ad abbinare le letture di Roth, Musil, Michelstaedter, Schnitzler ai discorsi in italiano stentato di Di Pietro, è un mistero che Magris dovrà prima o poi rivelare. Lui e gli altri uomini di lettere finiti nella rete di Tonino.
Va detto che Magris non è a digiuno di politica. È stato anche senatore nella XII legislatura, con una lista tutta sua, Lista Magris, talmente magra che c’era solo lui. Ma almeno lì era lui a rappresentare se stesso. Ora lo rappresenteranno Leoluca Orlando, il sindacalista Zipponi e magari l’hostess Maruska. È la distanza siderale tra uomini di cultura come Magris (e gli altri fini dicitori) e il leader di Montenero di Bisaccia a colpire e interrogare anche fior di cervelli (il politologo Angelo Panebianco e il filosofo Aldo Schiavone ne facevano dell’accademia l’altra sera in tv da Gad Lerner). Difficile spiegare le ragioni di questo idillio, perché se è probabile che Di Pietro possa servire agli intellettuali (offrendo loro un seggio o almeno una ribalta), è improbabile che possa accadere l’inverso, visto che Tonino ha fama di leader che decide da sé e sopporta male gli indipendenti o i consiglieri (con l’eccezione di Travaglio).
L’outing dei raffinati intellettuali per Di Pietro però è soprattutto un colpo per il Pd, area da cui vengono quasi tutti i nuovi dipietristi con la libreria ricolma (il caso esemplare è quello del poeta Valerio Magrelli, che ha messo in versi la sua rottura col Pd riservandosi di decidere se votare Di Pietro…). Il Pd li ha traditi, la sinistra non esiste più: tanto vale buttarsi su Tonino. Poi dipende dai casi singoli. Ci sono quelli in cerca di poltrona dopo forzata astinenza, ed è il gruppo più nutrito. Ci sono l’editore Stefano Passigli, ex diessino a lungo senza incarichi, Pressburger, ex assessore ds a Spoleto poi caduto nell’oblio, lo storico comunista Nicola Tranfaglia, ex deputato Pdci con cui ha rotto a male parole, il filosofo Vattimo, ex un po’ di tutto… Ma ci sono altri cultori delle lettere che per la prima volta si buttano in politica, e lo fanno col politico meno intellettuale dell’arco costituzionale. Tra questi c’è la candidata Luisa Capelli, fondatrice dell’editrice Meltemi, raffinatissima, che pubblica saggi iper-specialistici di filosofia, da Kant a Lèvinas a Durkheim.
Dalla Critica della ragion pura alle critiche di Tonino: misteri della cultura superiore. Tutti la spiegano col fatto che Tonino è l’unico a fare opposizione, così ha detto Vattimo, così Pressburger, così Tranfaglia e così ora Magris. Lo votiamo o ci candidiamo con lui perché è contro Berlusconi. Concetti un po’ deboli per intellettuali di quel calibro. Insomma devono ancora dimostrare di non aver scelto come in quel bellissimo romanzo di Magris: Alla cieca.