…per il resto tutto bene!
Un’altra strada c’è, ma solo in Italia sembra che sia tabù anche solo accennarvi. Mentre nel silenzio generale abbiamo approvato il Fiscal Compact, il trattato europeo che obbliga i paesi che lo ratificano al pareggio di bilancio, oltre alle Alpi c’è chi dice no. E’ l’Olanda, dove il premier Mark Rutte si è dimesso perchè Geert Wilders, suo alleato, ha fatto mancare il sostegno alle misure di austerity. Subito i mercati hanno minacciato di togliere la tripla A ad Amsterdam. Ma ci sono anche quegli irriducibili mattacchioni degli irlandesi. Pensate un po’: il 31 di maggio hanno addirittura indetto un referendum — l’ennesimo — per decidere se ratificare o meno il Fiscal Compact. Dalle loro parti usa così, anche se di solito, dal Trattato di Lisbona in poi, è più una questione formale, perché anche quando vincono i "no", la UE li ripropone cambiando due virgole fino a quando non trionfano i "sì". Ma c’è anche la Spagna. Come? Quei poveri greci degli spagnoli hanno il coraggio di alzare la testa? Sembra di sì, visto che non solo hanno indetto regolari elezioni mentre da noi incoronavamo in meno di 48 ore quello che Schifani ieri a Porta a Porta ha ricordato "essere stato chiamato" a risolvere una situazione (per carità, mica Mario si è presentato lui: ha accettato di buon grado, povera stella; e l’hanno chiamato, sì, ma — piccolo particolare – non gli italiani, bensì le élite, quelle della Trilaterale), ma ora Mariano Rajoy e il suo ministro delle finanze Guindos stanno addirittura pensando di non ratificare il Fiscal Compact perché, sull’onda delle svolte francesi (anche Sarkozy sta mollando la Merkel per tenere testa a Holland) e olandesi, si sono convinti — guarda un po’ — che un’altra strada c’è.
già, perché sta roba del pareggio di bilancio fa acqua da tutte le parti. Te la vendono con la storiella che ogni buona famiglia, alla fine del mese, deve pareggiare i conti tra le uscite e le entrate. Peccato che ogni buona famiglia, se è per questo, debba anche cercare di ridurre il debito fino ad eliminarlo del tutto, senza farne costantemente di nuovo. Allora, se la metafora della buona famiglia fosse valida, lo Stato dovrebbe anche smetterla di finanziare all’infinito il proprio debito e casomai eliminarlo. Dovrebbe cioè smettere di adottare l’economia del debito, che è quella filosofia per cui il debito non si ripaga mai, casomai si rifinanzia. Cosa è, tale disciplina, se non una tassa occulta? Un popolo lavora operosamente ma, oltre a pagare accise e balzelli, ai suoi risparmi viene costantemente applicato un esborso proporzionale alla sua ricchezza. Se il benessere sale, lo spread aumenta e l’entità della tassa aumenta in proporzione, grazie al meccanismo dei rendimenti. Siamo come Z la formica: veniamo costantemente depauperati da una classe di cavallette esose e mai sazie. Certo, diverso sarebbe se avessimo la possibilità di produrre quanto grano vogliamo, cioè di battere la nostra moneta. Ma ci siamo venduti pure la zecca, riempiendoci tuttavia di zecche.
Ma, a sentire Mario Draghi…
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