I due sono anche accusati di false scritture. Chiuse le indagini. Secondo la procura, avrebbero falsificato i verbali di assemblea facendosi dare la delega a operare sui conti in banca anche in caso di “scoperto“
Avrebbe fatto sparire circa un milione di euro di 73 condomini tra città e provincia.
Per un amministratore di condominio piacentino di 67 anni, e per il figlio di 32 la procura ha concluso le indagini, accusandoli di truffa in concorso, appropriazione indebita e falso in scrittura privata.
Dopo l’avviso di chiusura indagini, i due hanno ora 20 giorni di tempo per chiedere nuove indagini, farsi interrogare o preparare memorie difensive.
Le modalità della presunta truffa, secondo le indagini della Guardia di finanza e della squadra di Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Piacenza, coordinate dal sostituto procuratore Roberto Fontana, erano “semplici”.
Si redigeva un falso verbale delle assemblee di condominio nel quale gli abitanti davano a padre e figlio la delega di poter richiedere a una banca uno “scoperto di conto corrente”.
Cominciavano così le operazioni sui conti, e i funzionari della banca non si sarebbero accorti di nulla, anche perché sarebbe stata loro mostrata la delega a operare sui conti correnti.
In diversi casi, poi, si sarebbero appropriati – quasi sempre sarebbe stato il figlio a compiere le operazioni bancarie e a prelevare il denaro – anche delle somme dei condomini.
Il formato studiato era perfetto e avrebbe funzionato per alcuni anni, a partire dal 2011 anche se in alcuni casi le operazioni sospette risalgono al 2006.
E così, quando i condomini si sono resi conto di essere andati in rosso sono cominciate a fioccare le denunce e i ricorsi agli avvocati.
Nella rete di padre e figlio sarebbero finiti, tra gli altri, 31 condomini nel comune di Rottofreno (per lo più San Nicolò), 21 di Piacenza, 7 di Carpaneto, 4 di Gragnano oltre ad altri di Castelsangiovanni, Gazzola, Agazzano, Podenzano.
L’ inchiesta ha poi portato alla luce anche l’evasione fiscale e sull’Iva da parte del padre.
Passata ai raggi X la sua situazione, gli inquirenti, per il 2009 e il 2010, hanno scoperto che le dichiarazioni dei redditi non coincidevano a quanto effettivamente percepito.
Nel 2009, ad esempio, a fronte di un imponibile Irpef accertato di circa 700mila euro ci sarebbe una dichiarazione di circa 100mila. Per quanto riguarda l’Iva, l’amministratore avrebbe, poi, dichiarato un imponibile di circa 60mila mila a fronte di uno accertato di oltre un milione. Un gioco reso possibile dalle dichiarazioni di passivi che, invece, non sono stati riscontrati.
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