Cresce la protesta per le antenne "obbligatorie" di telefonia mobile sui condomini, come da bozza del Dl Sviluppo 2012. I comitati "no elettrosmog" scrivono a Giorgio Napolitano per cancellare l’articolo "pro antenne" dal Digitalia, sottolineandone l’incostituzionalità. Avvocati, medici, biologi, chimici, fisici e ingegneri firmano la lettera aperta contro il decreto "che renderebbe impossibile al cittadino contrastare l’installazione di antenne, cavi o ripetitori".
La proprietà privata sembra ormai diventare un optional per il Governo dei "tecnici" che, nella bozza del decreto "Digitalia" "ambirebbe" a fare quello che Bill Gates aveva profetizzato tanti anni fa. Ma invece di un computer in ogni casa, il ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti Corrado Passera assieme ai colleghi del Governo sembra vogliano portare un’ antenna di telefonia mobile su ogni condominio. Ovviamente senza che i proprietari possano opporsi. Come si legge in una bozza del decreto Sviluppo intitolato "Disposizioni urgenti in materia di attuazione dell’Agenda digitale italiana e di start up innovative"1 , che dovrebbe essere approvato nel corso del Consiglio dei Ministri del 28 settembre, all’articolo 33 si dispone: "Il proprietario o il condominio, per quanto concerne, rispettivamente, l’immobile di proprietà o le parti comuni dell’edificio, non possono opporsi all’accesso dell’operatore di comunicazione al fine di installare, collegare e manutenere gli elementi di rete quali cavi, fili, riparti, linee o apparati. Il diritto di accesso è consentito anche nel caso di edifici non abitati e in corso di costruzione". Una modifica sostanziale al "comma 4 dell’art. 91 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n.259 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche)" che se passasse potrebbe portare, secondo gli esperti, all’installazione di impianti anche di "media potenza" e comunque in senso "massivo", dato che le problematiche burocratiche non servirebbero più da "deterrente" per i colossi della telefonia.
Ma soprattutto l’articolo impedirebbe "per legge" l’opposizione all’installazione delle antenne da parte dei comitati "no elettrosmog" locali e nazionali, nonché dei semplici cittadini che non si accontentano, come si legge sempre nella bozza, dell’"obolo" "in base all’effettiva diminuzione del valore del fondo. Gli analisti ricordano che la massiccia installazione delle antenne su ogni tetto, ormai soprannominata strategia dell’"antenna selvaggia", è dovuta all’imminente "sdoganamento" per il "grande pubblico" del 4G, ovvero della tecnologia LTE (Long Term Evolution) di cui l’Apple iPhone 5 è certamente il testimonial più dirompente. Un "grande pubblico" che purtroppo ancora ignora i pericoli dell’elettrosmog (così come il pericolo di perdere "pezzi" di proprietà privata) felice, da "consumatore", di reprimere la propria identità di cittadino che, mai come oggi, deve essere vigile e consapevole. L’"obsolescenza programmata" pare essere la cura di ogni insoddisfazione. C’è però una minoranza informata che "resiste" e che, con i suoi comitati e le sue "reti" prende posizione, anche su questa vicenda delle antenne.
E’ il caso delle decine di associazioni e comitati che aderiscono alla Rete No Elettrosmog, a partire dall’associazione AMICA (Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e-o Ambientale), che insieme ad avvocati, medici, biologi, chimici, fisici e ingegneri hanno scritto una lettera inviata al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano così come a tutto il Parlamento Italiano e ai ministri interessati (Sviluppo Economico, Ambiente, Salute), Primo Ministro (Mario Monti) compreso. L’oggetto è rivelatore: "Reti senza fili ed elettrosmog – no all’Art. 29 del Decreto Sviluppo" (essendo una bozza, gli articoli del decreto cambiano in ogni versione, ndr).
Le associazioni contro l’elettrosmog confermano nella lettera aperta che se l’articolo diventasse legge "tale norma renderebbe impossibile al cittadino contrastare l’installazione di antenne, cavi o ripetitori". La lettera invita quindi il Governo a cancellare l’articolo del Digitalia per almeno tre motivi:
– primo perché è "incostituzionale in quanto stabilisce in modo del tutto arbitrario che gli interessi privatistici dell’industria delle telecomunicazioni sia prevalente rispetto all’interesse privato dei cittadini proprietari di immobili";
– secondo perché "incostituzionale in quanto fa prevalere il principio di utilità economica su quello della salute pubblica, della tutela dell’ambiente e del paesaggio";
– terzo poiché "in contrasto con la normativa precedente (Legge Quadro sull’Elettrosmog del 2001 e decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2003) che stabiliscono tempi e modi per le autorizzazioni che devono necessariamente essere lunghi per dare tempo agli Enti preposti di effettuare i dovuti controlli che rappresentavano una sia pur minima garanzia di attenzione nei confronti dell’impatto delle installazioni di telecomunicazioni".
Le associazioni, gli esperti e i comitati che si battono contro l’elettrosmog ed il fenomeno (sempre più diffuso anche senza decreto) dell’"antenna selvaggia", mettono quindi il dito nella piaga elettromagnetica: "Dopo la classificazione da parte della IARC della radiofrequenza come possibile cancerogeno di classe 2B e dopo la raccomandazione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa del maggio 2011 è ormai evidente che gli attuali standard di sicurezza, compreso il limite italiano che è tra i più bassi al mondo, non sono sufficienti a tutelare la salute pubblica perché non tengono conto che la radiofrequenza causa effetti biologici anche a livelli migliaia di volte inferiori ai limiti previsti". E al Governo dei "tecnici" dove l’"economia e il mercato" paiono governare sopra ogni cosa, le associazioni contro l’elettrosmog spiegano che "uno sviluppo economico basato sulla proliferazione di reti senza fili si tradurrà inevitabilmente in un aumento drammatico e ineluttabile della spesa pubblica sanitaria, con conseguenze generali per l’ambiente di difficile previsione". "L’unico sviluppo economico razionale – continua la lettera dei no elettrosmog – è quello basato sul principio di precauzione che impone di ridurre il più possibile la proliferazione di reti mobili a favore, invece, di reti a banda larga su cavo che non comportano rischi ambientali o per la salute".
Interessanti, anche dal punto di vista scientifico, le parole conclusive della missiva: "Visto l’impatto enorme e totalizzante che i campi elettromagnetici stanno avendo sulla popolazione umana, al punto che già oggi è pressoché impossibile trovare soggetti non esposti (definiti ‘controlli’) per gli studi scientifici basati su casi e controlli, è fondamentale che la politica, Voi tutti, Vi facciate artefici di legislazioni avvedute e previdenti".
Maurizio Maria Corona