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Obbligazioni condominiali nella riforma del condominio

Obbligazioni condominiali nella riforma del condominio

In che modo le obbligazioni condominiali, che discendono dal fatto di essere proprietari di un’unità immobiliare in condominio, verranno interassate dalla riforma?

Ai sensi dell’art. 1173 c.c. le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.

In questo contesto ciò che conta è la patrimonialità della prestazione.

In pratica ai sensi dell’art. 1174 c.c. la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.

Nel caso del condominio non si può non arrivare alla conclusione che il condominio è creditore della somma dovuta. Se il condominio è il creditore, chi è il debitore?

Obbligazioni condominiali

Le obbligazioni condominali, vale a dire le prestazioni consistenti nel versamento delle somme di denaro necessarie alla conservazione delle parti comuni ed all’erogazione dei servizi, sono unanimemente considerare obbligazioni propter rem, derivanti, cioè, dalla contitolarità del diritto reale sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni (A. Scarpa, L’obbligazione propter rem dei condomini per le spese di conservazione delle parti comini, Riv. giur. edilizia 2004, 1, 107).

In sostanza quando si parla di obbligazioni propter rem, si individuano la persona del debitore e del creditore per così dire per relationem, nel senso che soggetti del rapporto stesso saranno di volta in volta tutti coloro i quali, successivamente, si troveranno nella situazione di titolare del diritto di proprietà o di titolare del diritto reale di godimento (Gazzoni, Manuale di diritto privato, ESI, 2004).

Questa caratteristica è definita ambulatorietà.

Si badi: ambulatoria non è l’obbligazione, ma la possibilità del suo sorgere, in quanto essa sorge a carico di chiunque sia titolare del diritto nel momento in cui si verifica la circostanza prevista dalla legge per il suo sorgere; sicché, una volta sorta l’obbligazione, cessa ogni sua ambulatorietà (M. Comporti, Diritti reali in generale, in Tratt. dir. civ. e comm., già diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, vol. VIII, t. 1, Milano, 1980, 5 da A. Scarpa, 2004, 1, 107).

Da qui iniziano a vedersi i primi effetti della riforma del condominio.

Obbligazioni condominiali e riforma

L’ambulatorietà delle obbligazioni propter rem è mitigata in materia condominiale dal disposto degli ultimi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c. che recitano:

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

L’attuale quarto comma, il precedente secondo dell’art. 63 disp. att. c.c., è quello che contiene la deroga alla così detta ambulatorietà poiché estende l’obbligo di pagamento sul compratore per obbligazioni sorte quando il venditore era ancora proprietario.

In questo contesto s’inserisce il quinto comma che, nell’ambito generale di una rinforzata collaborazione tra amministratore e condomini (basti pensare all’anagrafica condominiale), specifica un’altra deroga all’ambulatorietà, ossia l’omessa comunicazione all’amministratore della cessione.

Questa norma, inserita nel contesto appena descritto, fa sorgere un dubbio: se il venditore resta obbligato solidamente con il compratore, evidentemente verso il condominio, fino a quando non v’è comunicazione dell’atto di cessione, è possibile affermare che l’amministratore, in mancanza di questa comunicazione, possa chiedere l’emissione del decreto ingiuntivo anche contro il vecchio proprietario?

Insomma la riforma ha superato l’inapplicabilità dell’apparentia iuris al condominio negli edifici (Cass. SS.UU. n. 5035/2002)?

Ciò su cui non si è intervenuti, al di là della solidarietà, è sulla titolarità dell’obbligo di pagamento nel caso di compravendita.

Classico l’esempio dei lavori di ristrutturazione deliberati prima della cessione ma eseguiti dopo; chi paga che cosa?

In assenza d’interventi legislativi bisogna volgere lo sguardo all’incertissimo panorama giurisprudenziale.

Da un lato è stato affermato che l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di conservazione delle parti comuni deriva dalla concreta attuazione dell’attività di conservazione e non dalla preventiva approvazione della spesa (e della ripartizione della stessa), che ha carattere meramente autorizzativo dell’opera, talché tale obbligo in tanto sorge in quanto sia espressione di un atto di gestione concretamente compiuto (Cass. Sez. II, 17 maggio 1997, n. 4393; Cass. Sez. II, 17 luglio 1988, n. 4467) […] ciò perché dalla esecuzione dei lavori deriva un incremento di valore delle parti comuni e, in considerazione della relazione strumentale, un corrispondente incremento di valore della sua stessa unità immobiliare (così Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).

Contrariamente a questo indirizzo, più di recente, sempre il Supremo Collegio ha avuto modo di affermare che in caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente è tenuto a sopportarne i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea, sicché, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. cod. civ. (Cass. 3 dicembre 2010 n. 24654).

Se si pensa a questa situazione e la si mette in relazione con la nuova ipotesi di solidarietà contemplata dal quinto comma dell’art. 63 disp. att. c.c., si può ben comprendere che la confusione che ne potrà derivare sarà considerevole.

Insomma: Tizio vende a Caio ma non comunica a Sempronio, l’amministratore. Accade che Tizio resta solidamente obbligato con Caio. Sempronio, non sapendo nulla della cessione, agisce contro Tizio. Questo, dopo l’azione, si rivolge a Caio per rivalersi delle spese a lui imputabili.

Le spese per i lavori di manutenzione deliberati prima della cessione ma eseguiti dopo, in assenza di disposizioni pattizie, a chi dovranno essere imputate?

Obbligazioni condominiali e solidarietà

Restando sempre nell’ambito delle obbligazioni, la riforma del condominio è intervenuta anche sulla natura delle medesime.

La sentenza n. 9148/08 delle Sezioni Unite, ribaltando il consolidato orientamento della stessa Cassazione, aveva statuito: le obbligazioni condominiali sono parziarie e non solidali. La riforma corregge il tiro, anzi sostanzialmente cambia direzione senza migliorare la situazione per i creditori della compagine; il secondo comma del nuovo art. 63 disp. att. c.c. recita: i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.

Si tratta del ritorno alla solidarietà sia pur mitigata dal beneficio di escussione del condomino moroso.

Le lungaggini delle procedure esecutive sembrano mettere al riparo i condomini adempienti. Certo è che la legge n. 220/2012 non chiarisce se le azioni contro i beni comuni (su tutti il conto corrente condominiale) possano essere portate avanti comunque o se, invece, l’escussione del singolo moroso debba precedere anche questa.

Se si continua sulla linea di considerare inesistente, a livello giuridico, il condominio, allora se ne dovrà dedurre che l’azione di pignoramento del conto corrente condominiale non potrà essere eseguita prima di quelle contro i morosi.

Motivo: sul conto corrente condominiale difficilmente ci sono somme di un condomino moroso ma solamente soldi riconducibili agli adempienti ed un pignoramento comporterebbe una violazione del secondo comma dell’art. 63 disp. att. c.c.

Obbligazioni condominiali, nudo proprietario e usufruttuario

Sempre in tema di obbligazioni condominiali, la riforma è intervenuta modificando quello che era l’orientamento giurisprudenziale in materia di obblighi dell’usufruttuario e del nudo proprietario.

La Cassazione, in tale materia, ormai da tempo, affermava che il pagamento degli oneri condominiali costituisce una obbligazione propter rem, quindi tipica, per cui la qualità di debitore dipende da quella di proprietario o di titolare di altro diritto reale sulla cosa e che le norme relative alla ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario sono opponibili al condominio, il quale, anzi, è tenuto ad osservarle anche in sede di approvazione dei bilanci, distinguendo le spese a carico del proprietario da quelle a carico dell’usufruttuario (Cass. 27/10/2006 n. 23291; Cass. 28/7/8/2008 n. 21774) (Cass. 16 febbraio 2012 n. 2236).

Contrariamente a tale indirizzo a partire dal 18 giugno 2013, il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale (art. 67, ultimo comma, disp. att. c.c.).

In sostanza la ripartizione degli obblighi continuerà ad esistere ma con mera rilevanza interna ai rapporti tra nudo proprietario ed usufruttuario.
http://www.lavorincasa.it/articoli/in/n … ondominio/

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