Cari amici,
Oggi è molto difficile avere delle convinzioni economiche, perchè la situazione economica mondiale è molto confusa.
Ritengo che sussista una sorta di tentativo di far cedere il potere politico dalla periferia al centro.
In se, l’ idea di farmi diventare meno italiano e più europeo non mi dispiace, ma prima qualcuno dovrebbe spiegarmi il funzionamento di questo potere europeo che dovrebbe governarmi.
Non mi convince questo ossessivo interesse al mantenimento dell’ equilibrio finanziario; non mi convince questo strapotere del sistema bancario che ci opprime, e che per motivi di interesse politico, impoverisce sempre di più il tessuto economico residenziale.
Non mi convince tutta questa propaganda che ci propina un senso di urgenza collettiva, la quale impedisce un sereno dibattito politico.
Ho l’ impressione che il potere politico italiano si stia progressivamente svuotando, e che le elezioni ormai servano solo a mantenere un apparenza democratica.
Il confronto politico ormai è tra ricchi e poveri! E i ricchi oggi non sono più soggetti al potere politico nazionale.
Pertanto anche la politica deve diventare sovranazionale, al fine di rappresentare i residenti, che oggi hanno pochissima rappresentanza politica.
Ce la faremo? …spero di si!
Wall Street Italia
Dagli Usa il Nobel per l’economia sostiene che nonostante tutti gli sforzi compiuti dai leader europei, "il disastro totale resta ancora un’opzione" sul tavolo. Bce deve acquistare titoli di stato e accettare tassi piu’ alti di inflazione.
New York – Dopo Bruxelles l’Europa e’ salva? Manco per sogno. Le misure intraprese sulla carta hanno solo dato una settimana di respiro ai governi europei. Dalle colonne del New Tork Times il Nobel per l’economia Paul Krugman invita alla prudenza se non all’aperto scetticismo in materia. Perché, sostiene, nonostante tutti gli sforzi compiuti di recente dai leader europei, "il disastro totale resta ancora un’opzione".
Krugman spiega come in molti, di fronte al baratro, sono convinti che la Ue saprà evitare il peggio. "Spero questa tesi sia giusta", scrive Krugman, agguingendo però come "la prospettiva del disastro non rappresenti una garanzia che le nazioni facciano realmente quello che devono fare. Questo – aggiunge il premio Nobel – è vero soprattutto quando l’orgoglio e i pregiudizi rendono i leader poco inclini a vedere ciò che dovrebbe essere ovvio".
"Sono passati più di due anni da quando i leader europei si sono impegnati nella loro attuale strategia economica – una strategia basata sul concetto che austerità fiscale e ‘svalutazione interna’ (in pratica, tagli salariali) avrebbero risolto i problemi dei paesi debitori. In tutto questo tempo la strategia non ha prodotto casi di successo: il meglio che i difensori dell’ortodossia possono fare è scegliere un paio di piccole nazioni baltiche che hanno visto recuperi parziali da depressione a livello di crollo vero e proprio, ma sono ancora molto più poveri di quanto non fossero prima della crisi".
"Intanto la crisi l’euro è evoluta in metastasi – ricorda Krugman nell’articolo apparso sul New York Times – diffondendosi dalla Grecia per le economie molto più grandi di Spagna e Italia, e l’Europa nel suo complesso è chiaramente scivolata in recessione. Eppure, le prescrizioni di politica provenienti da Berlino e Francoforte non sono cambiate affatto". A Bruxelles quanto deciso dal Consiglio europeo rappresenta "piccole concessioni" "rispetto alla dimensione dei problemi".
Cosa dovrebbe fare l’Europa?
"La risposta – dice Krugman – dovrebbe coinvolgere sia i grandi acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, sia la volontà dichiarata della stessa banca centrale di accettare un tasso leggermente più alto di inflazione. Anche con queste politiche, gran parte dell’Europa si troverebbe ad affrontare la prospettiva di anni di disoccupazione molto elevata. Ma almeno ci sarebbe un percorso visibile verso il recupero".
Il problema politico
"Parte del problema sta nel fatto che i politici tedeschi hanno passato gli ultimi due anni a dire agli elettori qualcosa che non è vero – e cioè che la crisi è tutta colpa dei governi irresponsabili nell’Europa meridionale. In Spagna – che è ormai l’epicentro della crisi – il governo in realtà aveva un debito basso e avanzi di bilancio alla vigilia della crisi. Se ora il paese è in crisi, questo è il risultato di una bolla immobiliare vasta che le banche in tutta Europa, molte anche tedesche, hanno contribuito a gonfiare".
Il futuro dell’eurozona
Il risultato per Krugman è che non è per nulla certo che l’Europa riuscirà a salvare se stessa. "La posta in gioco è molto alta e la maggioranza dei leader europei non è né stupida né in cattiva fede. Ma la stessa cosa – conclude l’economista – si diceva sui leader europei nel 1914. Possiamo solo sperare che questi siano davvero tempi diversi".