Nel momento del deposito, non si può più cambiare l’atto, quindi bisogna inserire tutto subito
Uno dei tantissimi problemi che la poco azzeccata introduzione del reclamo comporta, riguarda le modalità di stesura dell’impugnazione.
A partire dagli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate notificati dal prossimo 1° aprile, di valore sino a 20.000 euro, il contribuente, anziché il ricorso, deve presentare il reclamo che, se la mediazione ha esito negativo, si converte in ricorso. Nell’atto di reclamo, il contribuente chiede, prima di tutto, l’annullamento totale o parziale del provvedimento, e, eventualmente, formula una proposta di mediazione, sulla falsariga di ciò che avviene in occasione dell’accertamento con adesione.
Se l’Ufficio non intende accogliere né il reclamo (quindi non è dell’avviso di annullare il provvedimento) né la mediazione, formulaa sua volta, d’ufficio, una proposta di mediazione.
Ove, cosa non rara, le parti non riescano a trovare un accordo, scattano direttamente i termini per la costituzione in giudizio, quindi il contribuente provvede a depositare il reclamo presso la segreteria della Commissione tributaria, unitamente ai consueti documenti relativi alla notifica del reclamo.
Bisogna tenere presente che, in assenza di indicazioni normative contrarie, anche in tal caso vige la causa di inammissibilità operante in ipotesi di difformità tra reclamo/ricorso notificato a controparte e copia depositata in Commissione.
Tale affermazione è dettata da una logica cautelativa (si potrebbe anche sostenere che la suddetta inammissibilità non si applichi, visto che l’art. 17-bis del DLgs. 546/92 rinvia al solo comma 4 dell’art. 22, e non anche al terzo).
Atto con natura ibrida
Ciò dovrebbe indurre i difensori a prestare particolare attenzione a due aspetti:
– i motivi di ricorso, che devono necessariamente essere contenuti tutti nel reclamo, visto che nel momento in cui il ricorso si deposita, né tantomeno successivamente, questi possono essere ampliati;
– la domanda che il contribuente rivolge al giudice.
Proprio quest’ultimo punto rende il reclamo un atto con natura ibrida, nel senso che esso “può” contenere la proposta di mediazione (che, per il contribuente, non è imprescindibile), ma “deve” sempre contenere la richiesta di annullamento dell’atto rivolta al giudice, per il principio della domanda, con consequenziale richiesta di restituzione delle somme versate per effetto della riscossione frazionata e di condanna alle spese processuali.
A titolo cautelativo, potrebbe essere opportuno formare il reclamo come se fosse un ricorso, con l’aggiunta della richiesta di reclamo, rectius annullamento totale o parziale dell’atto rivolta alla Direzione provinciale e, eventualmente, della proposta di mediazione.
L’eventuale mancata presenza della domanda, rivolta alla Commissione tributaria, di annullamento dell’atto, potrebbe comportare l’inammissibilità del ricorso, in quanto il reclamo, come del resto prevede l’art. 17-bis del DLgs. 546/92, altro non è che un “ricorso anticipato”.