Natura delle obbligazioni condominiali
Parti comuni dell’edificio e spese
Il condominio, si dice, è quell’edificio composto da singole unità immobiliari o da un insieme di unità immobiliari appartenenti a diversi proprietari, le quali hanno necessariamente in comune delle parti (beni, servizi, impianti) funzionali al godimento delle parti di proprietà esclusiva.
Condominio e speseIn questo contesto fattuale e giuridico, i condomini, ossia i titolari delle predette unità immobiliari, sono tenuti a partecipare alle spese relative alla gestione e conservazione delle parti comuni dell’edificio.
In buona sostanza i condomini sono titolari delle così dette obbligazioni condominiali; si afferma che tali obbligazioni condominiali siano delle obbligazioni propter rem.
Che cosa vuol dire?
A rispondere alla domanda ci hanno pensato, in più di una occasione, i giudici della Suprema Corte di Cassazione.
Natura delle obbligazioni condominiali
Si legge in una sentenza resa nel 2003, che ha il merito di fotografare al meglio la nozione di obbligazioni propter rem e della necessaria riconduzione di quelle condominiali nell’alveo di tale categoria, che la figura della obbligazione propter rem sussiste ogni qual volta ad un diritto reale (ossia un diritto su una cosa, quale il diritto di proprietà, l’usufrutto, ecc.), sia esso esclusivo o parziale (proprietà piena o comunione), si accompagna una obbligazione, la cui origine si riconduce alla titolarità del diritto sul bene: contestuale titolarità in capo allo stesso soggetto del diritto e dell’obbligo.
SpeseLa connessione tra il diritto e l’obbligo consiste in ciò che, a certe condizioni, l’obbligazione segue le vicende del diritto, trovando la propria ragione d’essere nella titolarità, o nella contitolarità, del diritto reale, in virtù del principio per cui ai vantaggi si accompagnano taluni eventuali riflessi negativi (cuius comoda eius et incomoda).
Le obbligazioni dei condomini di concorrere nelle spese per la conservazione delle parti comuni si considerano obbligazioni propter rem, perché nascono come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni. Alle spese per la conservazione per le parti comuni i condomini sono obbligati in virtù del diritto (di comproprietà) sulle parti comuni accessorie ai piani o alle porzioni di piano in proprietà esclusiva. Pertanto, queste obbligazioni seguono il diritto e si trasferiscono per effetto della sua trasmissione (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
Insomma si pagano le spese condominiali perché si è condomini e per ciò non si può fare a meno di contribuire ai costi di gestione delle cose comuni.
D’altra parte in tal senso è molto chiaro l’art. 1118 c.c. che prevede una specifica eccezione per le spese d’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato da cui i condomini si siano distaccati.
Tipologia di spese
Nell’ambito delle spese condominiali è possibile distinguere tra così dette spese di conservazione e spese d’uso.
Un esempio chiarirà il concetto: le spese di risistemazione della facciata dell’edificio sono sicuramente spese di conservazione mentre le spese per il consumo di energia elettrica, acqua e gas sono certamente spese d’uso.
La questione assume notevole importanza se si pensa che, solitamente, le spese d’uso sono a carico dell’inquilino (o dell’usufruttuario) mentre quelle di conservazione le sostiene il proprietario.
Il confine, però, non è sempre così netto come nell’esempio appena citato: in tali casi, anche ai fini appena esplicitati, è necessario verificare la natura della spesa.
In questo contesto ci giunge in soccorso l’opera della giurisprudenza, secondo la quale in tema di oneri condominiali, la funzione ed il fondamento delle spese occorrenti per la conservazione dell’immobile si distinguono dalle esigenze che presiedono alle spese per il godimento dello stesso, come è dato evincere, in via di principio generale, dal disposto dell’art. 1104 c.c. – dettato in tema di comunione -, e, sub specie dei rapporti di condominio, dalla norma di cui all’art. 1123 stesso codice, a mente della quale i contributi per la conservazione del bene sono dovuti in ragione della appartenenza e si dividono in proporzione alle quote (indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzioni di piano), mentre le spese d’uso (che traggono origine dal godimento soggettivo e personale) si suddividono in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell’appartenenza (e possono, conseguentemente, mutare, del tutto legittimamente, in modo affatto autonomo rispetto al valore della quota) (Cass. n. 8292/00) (Trib. Messina 19 dicembre 2012 n. 2147).
Chiaramente in determinati contesti una spesa può avere entrambe le funzioni: si pensi alla sostituzione delle funi degli ascensori. Il costo, dovuto sicuramente all’uso di quel bene, ha rilevanza anche in relazione alla sua conservazione.
Classico l’esempio della sostituzione delle funi dell’ascensore che in giurisprudenza (cfr. Cass. 8 maggio 1986, n. 2426) è stata posta a carico del conduttore ma che spesso, anche sulla base degli accordi quadro redatti da associazioni di proprietari ed in inquilini, è sostenuta dal proprietario.
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