La giurisprudenza di merito non è concorde sull’obbligatorietà della mediazione per tali conflitti
L’art. 5, comma 1 del DLgs. 28/2010 prescrive l’espletamento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda per la risoluzione delle controversie vertenti su alcune materie tassativamente previste dal Legislatore.
Fra le controversie incluse in tale norma, vi sono quelle in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Ove, per l’obbligatorietà del preventivo tentativo di mediazione riguardante le controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti è stato previsto dal DL 225/2010 il rinvio a marzo di questo anno.
Per tali controversie, dunque, la mediazione rappresenta il presupposto per accedere alla tutela giurisdizionale. L’azione, cioè, deve essere preceduta da un tentativo di conciliazione dinanzi agli Organismi di mediazione prima di seguire le ordinarie vie giudiziarie.
Sull’obbligatorietà della mediazione, in particolare, per la risoluzione dei conflitti in materia di usucapione, risultano ancora contrastanti le posizioni dei giudici di merito.
Di recente, è intervenuto sul tema Trib. Varese che, con l’ordinanza 20 dicembre 2011, ha escluso dalla mediazione obbligatoria l’azione per la declaratoria di usucapione.
È stato osservato dal Tribunale che, nonostante tale azione rientri di fatto nell’ambito delle controversie oggetto di mediazione obbligatoria, perché controversia in materia di “diritti reali”, il verbale di conciliazione non realizza lo stesso risultato della sentenza.
Innanzitutto, perché la conciliazione non determina in favore dell’attore l’acquisto a titolo originario del bene immobile ma solo, eventualmente, a titolo derivativo. In questo modo, l’attore non va esente dal rischio di azioni di terzi o creditori per diritti vantati verso il convenuto.
Inoltre – ha aggiunto il giudice – pur ammettendo, in relazione all’esito della mediazione, la configurabilità di un negozio di accertamento per la ricognizione della proprietà del bene (o di diritti reali) – questione giuridica però ancora molto contrastata in generale in dottrina e giurisprudenza – si tratterebbe di un negozio delle parti e, quindi, resterebbe impugnabile anche dai terzi con gli strumenti posti a loro garanzia (ad esempio, mediante l’azione simulatoria).
Infine, il verbale di conciliazione che accerta l’usucapione non è trascrivibile (cfr. Trib. Roma 22 luglio 2011).
Per tali motivi allora è evidente – secondo il Tribunale di Varese – che l’accordo eventualmente raggiunto non può comporre la lite evitando la sentenza. In altre parole, l’accordo non si può surrogare alla sentenza e l’attore dovrà comunque ottenere una statuizione giurisdizionale se vuole ottenere gli stessi effetti.
Pertanto, criteri di ragionevolezza porterebbero ad escludere l’obbligatorietà della mediazione, non essendo tale procedura in grado di conferire alle parti, mediante il raggiungimento dell’accordo, gli stessi effetti di un provvedimento giudiziario.
L’accordo di mediazione non ha sempre gli stessi effetti della sentenza
Di avviso contrario, invece, è il Tribunale di Palermo secondo cui, così nell’ordinanza 30 dicembre 2011, anche la richiesta dell’attore di veder dichiarato il proprio acquisto del diritto reale per usucapione rientra tra le ipotesi di mediazione obbligatoria. Ciò in quanto, innanzitutto, si tratta di “controversia in materia di diritti reali” e, in secondo luogo, perché con la mediazione è comunque possibile raggiungere una risoluzione extragiudiziale della lite anche se diversa rispetto alla originale istanza.
Infatti – ha spiegato il Tribunale – il procedimento di mediazione è finalizzato al raggiungimento di un accordo che può assumere vari contenuti. Ciò basta per evitare il sorgere del successivo contenzioso giudiziario.
Ove, peraltro, l’accordo raggiunto in sede di mediazione non deve necessariamente coincidere con il contenuto della pronuncia giudiziaria richiesta da parte attrice. La mediazione, in sostanza, “non è un clone anticipato della sentenza”. L’accordo può essere raggiunto liberamente dalle parti, ad esempio trasferimento della proprietà del bene con acquisto a titolo derivativo o rinuncia alla domanda di acquisto della proprietà per usucapione a fronte del pagamento di una somma di denaro.
A tali fini, pertanto, – ha concluso il giudice di Palermo – è irrilevante il fatto che l’eventuale verbale di accordo raggiunto non sia trascrivibile.