Finalmente qualche voce ufficiale comincia a dire ciò che gli operatori di settore sanno già da tempo:
L’ economia USA sta collassando, e si mantiene in vita unicamente perchè la FED continua ad emettere moneta a costo zero.
I debiti dello stato USA sono fuori controllo già da molto tempo, e il governo USA non sa bene come fare per rimediare a questo enorme problema.
Per tutti questi motivi, perfino le agenzie di rating americane iniziano timidamente a comunicare che “il re è nudo”.
E’ incredibile che le agenzie di rating parlino di declassare il debito USA! E’ come se da noi Fede si mettesse a criticare pubblicamente Berlusconi sul TG4; è come se Giuliano Ferrara invitasse Berlusconi a dimettersi.
Eppure è successo! A mio giudizio si tratta di un fatto molto positivo, perchè ora molti operatori finanziari saranno costretti a tenerne conto.
Già si tende ad utilizzare il dollaro sempre di meno; già la Cina da tempo ha iniziato a diversificare il suo immenso portafoglio allontanandosi dal biglietto verde.
Inoltre la maggior parte delle banche centrali di tutto il mondo hanno esaurito da tempo la politica accomodante tenuta negli ultimi due anni; pertanto stanno iniziando ad alzare i tassi di interesse; la Fed è rimasta sola nella sua politica di distruzione del valore del dollaro.
Siamo alla vigilia di un cambiamento di potere epocale, ed io sto aspettando quando qualcuno inizierà seriamente a chiedere che il petrolio cessi di essere quotato solo in dollari americani.
Sono certo che in molti da tempo pensano a mettere sul tavolo questo problema, ma ancora non hanno il coraggio di dirlo.
Il Sole 24 ore
di Daniela Roveda
NEW YORK. L’America rischia il declassamento da AAA a AA+, parola di Standard and Poor’s. La minaccia è esplosa ieri a Washington come una bomba, provocando uno scompiglio generale nel Paese e un tonfo a catena dei mercati azionari, dei titoli del Tesoro e del dollaro. «Se un accordo sulla riduzione del debito americano non sarà raggiunto nel giro dei prossimi due anni, c’è una probabilità su tre di downgrade», ha sentenziato l’agenzia di valutazione del debito confermando solo temporaneamente il voto massimo AAA per i titoli del Tesoro Usa, dopo aver portato da stabile a negativo l’outlook. La più grande e potente economia del mondo, con la valuta usata come unità internazionale di scambio, è quindi a rischio di declassamento, una concetto che nell’opinione pubblica si adatta alla Grecia o alla General Motors, non agli Stati Uniti.
«Standard and Poor’s ha dato un giudizio politico», ha risposto seccamente ieri la Casa Bianca. «Ritengo che il tetto sul debito verrà alzato e che procederemo a fare progressi sul deficit e ritengo quindi che il giudizio politico di Standard & Poor’s sia sbagliato», ha detto il capoeconomista Austan Goolsbee.
La semplice ipotesi di un downgrade, con potenziali ripercussioni sulla stabilità di tutti i mercati del mondo, è sempre stata impensabile, e Standard and Poor’s non aveva addirittura mai osato offrire un’analisi con implicazioni negative del debito americano. L’aveva invece fatto nel gennaio 1996 Moody’s, maggior concorrente di Standard & Poor’s, ma solo su una porzione del debito, e al culmine del braccio di ferro tra i repubblicani di Newt Gingrich e il presidente Bill Clinton che portò alla chiusura del Governo americano per due mesi.
Moody’s questa volta ha invece confermato il giudizio stabile sul debito Usa prendendo le distanze dalla sua rivale. «Una svolta significativa nel dibattito sulla politica fiscale che ha implicazioni positive sui deficit e sul debito», ha detto riferendosi alle due proposte dei repubblicani e del presidente Obama per ridurre di 4mila miliardi di dollari il deficit nei prossimi 10 anni.
Standard & Poor’s invece teme che qualsiasi decisione sulla riduzione strutturale del deficit sarà rimandata a dopo le elezioni del novembre 2012, quando gli Usa saranno chiamati a eleggere il nuovo presidente, l’intera Camera dei deputati e un terzo del Senato. In questo caso il dibattito sulle riforme non inizierà prima del 2013, e a quel punto il profilo debitorio del Paese potrebbe essere diventato molto più debole di quello delle altre nazioni (come Austria, Australia, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Singapore, Hong Kong, Liechtenstein, Lussemburgo, Olanda, Canada) che oggi hanno la tripla A di S&P.
Gli Stati Uniti sono infatti l’unico Paese con il rating massimo a non aver ancora fatto nulla per ridimensionare il debito cresciuto rapidamente dopo la crisi subprime e la recessione. «La Gran Bretagna per esempio ha già iniziato ad attuare misure per consolidare il debito, l’America invece non ha nemmeno raggiunto un accordo sul da farsi», ha detto l’analista di S&P Nikola Swann.
Un accordo di portata strutturale su pensioni, previdenza sanitaria e spese militari pare difficile da raggiungere dato il clima di tensione tra l’amministrazione Obama e i repubblicani alla Camera. Di recente democratici e repubblicani hanno rischiato di non raggiungere nemmeno un accordo sulla porzione del deficit pubblico dedicato alle spese discrezionali (il 20% del totale) e hanno siglato un compromesso solo per evitare la chiusura del governo l’8 aprile scorso. Obama nel frattempo ha fatto sapere che qualsiasi piano di riduzione del deficit dovrà contenere un aumento delle tasse per i più ricchi, ipotesi inaccettabile per i repubblicani, che hanno proposto la semi-privatizzazione dell’assistenza sanitaria per gli anziani, ipotesi inaccettabile per i democratici.
Ecco quindi che la minaccia di Standard & Poor’s potrebbe mettere il Parlamento americano con le spalle al muro. «Il calo dei prezzi dei titoli del Tesoro dimostra che i mercati ritengono la minaccia di S&P reale», ha detto Alan Ruskin della Deutsche Bank. Ieri i credit default swaps sul debito Usa sono saliti del 16% a 50 punti. Un livello ancora basso se paragonato all’Italia (143) o alla Grecia (1.215), ma superiore alla media di 40 registrata durante la crisi finanziaria, e superiore alla Germania (46). Secondo i mercati finanziari, quindi, oggi l’investimento più sicuro al mondo non è in titoli americani ma in titoli tedeschi.