Il danno causato dall’amministratore di condominio che si è appropriato indebitamente del denaro dei condomini da lui amministrati va valutato nella sua interezza, non riguardo i singoli episodi incidenti sui singoli. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 37666/15.
Il caso
Ad un uomo è contestata una serie di fatti di appropriazione indebita consumati mentre svolgeva la funzione di amministratore condominiale. La Corte d’appello territoriale conferma la condanna dell’imputato, il quale ricorre in Cassazione, affermando che la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata come cattiva gestione dell’amministrazione condominiale e non come appropriazione indebita. L’uomo, inoltre, asserisce che la rilevanza del danno è stata illegittimamente valutata facendo riferimento all’ammontare complessivo delle somme di cui si contestava l’appropriazione e non al danno causato al singolo condominio o al singolo condomino.
Secondo la Cassazione, alcune delle condotte poste in essere dal ricorrente, infatti, erano univocamente inquadrabili nella fattispecie dell’appropriazione indebita: c’è un’evidenza incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative lecite. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso che deduce l’inesistenza dell’aggravante relativa alla scarsa incidenza dell’attività delittuosa sul patrimonio dei singoli condomini. La Corte territoriale, infatti, secondo la Cassazione, ha correttamente evidenziato la necessità di valutare il danno nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla quota – danno incidente sui singoli condomini.
Il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono rappresentati dall’amministratore, non comporta la parcellizzazione invocata dal ricorrente, «essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell’ente». La Corte respinge le richieste dell’amministratore.
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