La riforma potenzia gli strumenti contro i morosi
La riforma del condominio potenzia gli strumenti contro i morosi. Non si tratta di "armi" nuove, ma di una migliore definizione di quelle già esistenti, da utilizzare con maggior forza e velocità.
In primo luogo l’amministratore sarà obbligato (la riforma entrerà in vigore a maggio) ad agire contro i ritardatari entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio. In sostanza dovrà richiedere a un giudice un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. Non rispettare il dettato del codice costituirà grave irregolarità, e quindi causa di revoca del mandato dell’amministratore. Il passaggio in assemblea non è più previsto, così come anche per la sospensione del condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni. Infine, scatterà l’obbligo di comunicare i dati degli inadempienti ai creditori.
Questi dovranno agire in prima battuta nei confronti dei morosi, cosa che rischia però di complicare i rapporti tra fornitori e condominio, dato che diventerà più complicato riscuotere i crediti.
Si tratta di "armi" che potranno essere utili a contrastare un fenomeno in continua crescita – concordano le associazioni di amministratori – soprattutto nei casi di proprietari che hanno la possibilità di pagare ma che approfittano delle mancate azioni giudiziarie per continuare a vivere sulle spalle degli altri. Situazioni che spesso gli amministratori meno scrupolosi lasciano protrarre nel tempo, timorosi di ricorrerre alle vie giudiziarie (e proporle all’assemblea).
Nella migliore delle ipotesi per venire incontro alle difficoltà delle famiglie ed evitare il peso dei costi legali (che devono essere comunque anticipati tra le spese comuni). Ma anche per non "inimicarsi" parte dei condomini che sostengono il loro mandato, o, peggio, per poter continuare in una gestione poco trasparente dei conti condominiali. Cosa quest’ultima espressamente vietata dalla riforma: la previsione di una contabilità dettagliata e di un conto corrente condominiale aiuterà a far emergere le posizioni irregolari.
Quando invece si tratta di reali situazioni di difficoltà e incapienza – moltiplicate dalla crisi – il condominio che ricorre all’ingiunzione e al pignoramento arriva spesso dopo altri creditori privilegiati, in primo luogo le banche benificiarie delle ipoteche che gravano sui mutui. Le spese legali e la lunghezza delle procedure portano, in alcuni casi, solo ad aggravare i problemi. L’assemblea comunque conserva la possibilità di dispensare l’amministratore dall’azione legale. Si deve tenere però conto che i tempi previsti dalla riforma sono già ampi. Si pensi al caso in cui un condomino non paghi la prima rata prevista per l’esercizio, che poniamo coincida con l’anno solare 2013; supponendo che la rata scada a marzo e che l’approvazione del consuntivo avvenga a gennaio 2014 (ipotesi ottimistica), l’azione obbligatoria scatterà solo nel luglio 2014, quasi un anno e mezzo dopo dal momento in cui si è manifestata la morosità.
Al punto che si può ipotizzare – lo fa ad esempio Rosario Calabrese, presidente Unai – che il termine dei sei mesi, se mal interpretato, possa essere strumentalizzato per rinviare l’azione contro i morosi che invece oggi, nei casi migliori, parte fin dal mancato rispetto delle rate fissate dal bilancio preventivo. Secondo l’Anaci, era invece difficile ipotizzare termini o prescrizioni differenti e le misure contenute nella riforma sono da accogliere con sollievo da tutti i condomini che pagano regolarmente.
Si tratta, in realtà, di casi sempre più rari: secondo un’indagine effettuata per Casa24 Plus qualche mese fa da Harley&Dikkinson in un edificio su 4 la scarsa puntualità nei pagamenti va dal 20 al 50%. Un quadro che è peggiorato negli ultimi anni: «Oramai un condominio su tre è in situazioni preoccupanti – dice Vittorio Fusco, presidente Anapi – la lettera dell’avvocato oramai non produce più effetto». E il fenomeno è diffuso anche nelle "zone bene", prima quasi immuni. «I condomini morosi sono passati dal 10 al 20% – stima Giuseppe Bica, presidente Anammi – La crisi induce a dare priorità ad altre spese, come il mutuo e le bollette, ritenute più urgenti».
Si creano così situazioni che costringono anche a rinunciare a lavori straordinari o a innovazioni che non solo migliorererebbero la condizione abitativa e aumenterebbero il valore degli alloggi, ma che eviterebbero il deterioramento dello stabile. Il continuo rinvio degli interventi, inoltre, porta spesso a successive spese più elevate, che a loro volta potrebbero peggiorare il tasso di morosità: un circolo vizioso difficile da interrompere.
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