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Condominio
di Dario Aquaro
La riforma del condominio riprende il suo iter. Approvata in prima lettura dal Senato il 26 gennaio 2011 con voto quasi unanime (astenuti Udc e Idv), dal 5 aprile non era stata più esaminata in commissione Giustizia della Camera. Ora che vi si è riaffacciata, vede sul tavolo una serie di punti sui quali le associazioni degli amministratori di condominio chiedono correttivi. Perché proprio la figura dell’amministratore esce ridimensionata da un testo (il Ddl Ac 4041) che tutti ritengono necessario a svecchiare le regole, ma ancora perfettibile.
Tra le principali novità, la riforma allunga da 12 a 24 mesi il mandato degli amministratori, che per esercitare dovranno iscriversi in un registro pubblico presso le Camere di commercio. Prevede per la contabilità un registro con i movimenti, un riepilogo finanziario e una nota esplicativa, e l’uso di un conto corrente intestato al condominio. L’amministratore avrà l’obbligo di agire contro i morosi entro quattro mesi da quando il credito diventa esigibile, pena la revoca dell’incarico da parte del giudice su ricorso anche di un solo condomino. E dovrà presentare, se richiesto e «a pena di nullità della nomina», una polizza a garanzia degli atti compiuti durante il proprio mandato, che copra un importo pari almeno al bilancio annuale.
«Si sente il bisogno di regolare il rapporto tra amministratore e condomini, e ridurre il contenzioso civile: il 3º rapporto Anaci-Censis Servizi 2009 stima 14 cause ogni cento condomìni amministrati, ovvero circa 130mila procedimenti instaurati ‐ spiega Francesca Cilluffo, deputata Pd e membro della commissione Giustizia della Camera ‐. La figura dell’amministratore esce rafforzata dalla riforma, e allo stesso modo il potere di controllo dei condomini sul suo operato. Forse l’istituzione del registro non arriverà in porto, perché così si creerebbe indirettamente una nuova categoria professionale, mentre l’intento del Governo è l’opposto. È però necessaria un’assunzione di responsabilità da parte di chi svolge il mestiere: la polizza la renderei obbligatoria e non facoltativa, e infatti ho presentato un emendamento in questo senso».
Le associazioni, che vorrebbero veder riconosciuto di più il proprio ruolo, saranno ascoltate a Montecitorio nei prossimi giorni. Chiedono maggiori vincoli per l’iscrizione al registro (adesso l’unico è per i pregiudicati per reati contro la fede pubblica e il patrimonio); un fondo di garanzia alimentato dagli amministratori al posto dell’assicurazione; termini più lunghi per far scattare l’obbligo di decreto ingiuntivo contro i condomini morosi. «Il punto principale ‐ dice Carlo Parodi, direttore del Centro studi nazionale Anaci ‐ è che si possa dare vita a un fondo di garanzia gestito dalle associazioni e alimentato da un prelievo, che potrebbe essere l’1%, calcolato sulla media del capitale gestito dagli amministratori. Un modo per assicurare i proprietari immobiliari dal rischio di ‘fuga con la cassa’, e non aggravare i costi: la polizza assicurativa sarebbe infatti onerosa».
«Con la riforma ‐ continua Parodi ‐ si ottiene certo maggior tutela. Oggi è previsto che l’amministratore possa chiedere decreto ingiuntivo contro i condomini morosi: c’è però il timore di crearsi nemici e venire cacciato da chi raccatta deleghe. L’obbligo di agire ci solleva da questi ricatti, ma meglio prevederlo a quattro mesi dall’approvazione del rendiconto annuale, anziché dal momento in cui il credito è esigibile, altrimenti con quote trimestrali dovrei chiedere decreto troppo spesso».
L’amministratore è l’unico lavoratore che viene licenziato ogni anno senza appello. Così sostiene il presidente dell’Anammi, Giuseppe Bica: «Giusto dare più garanzie, unite all’estensione del mandato a 24 mesi. Bisogna però eliminare la responsabilità solidale con il moroso. Ci sono decreti chiesti a luglio e non ancora arrivati: nel frattempo il moroso continua a non pagare». A proposito del registro, dice Bica, «vorremmo che fossero le associazioni a dare il nulla osta all’iscrizione, chiedendo in più gli stessi requisiti previsti al loro interno: diploma di scuola superiore e idoneità tecnico-pratica certificata da un attestato associativo». Preoccupazione condivisa dal presidente dell’Anapi, Vittorio Fusco: «Non siamo contrari al registro, ma identifichiamo le figure giuste. Le associazioni offrono la formazione e si battono per il riconoscimento della categoria».