Cari amici,
Il debito dello stato USA ormai è incontenibile; pertanto la Fed non può permettersi un aumento dei tassi di interesse (poichè incrementerebbero un debito già insostenibile).
Per tenere basso il valore della propria moneta, la banca centrale americana ha cominciato da tempo ad usare metori non convenzionali, come ad esempio acquistare i propri titoli sul mercato.
Acquistare i propri titoli sul mercato, aumentando così la domanda di titoli con l’ aspettativa di diminuirne il valore, equivale in pratica a stampare cartamoneta.
D’ altra parte, il fatto di tenere bassi i prezzi dei titoli di stato americani crea una situazione che, di fatto, tende ad elevare il valore della altre monete, e quindi ad incrementare i prezzi delle esportazioni dei paesi non americani.
Per questo i paesi che si ritrovano così ad avere una valuta “forte”, sono invogliati anche loro ad acquistare i titoli di stato americani, al fine di tendere ad abbassare il valore della propria moneta nazionale.
Vorrei a questo punto far notare ai lettori che tutto questo discorso non c’ entra nulla con l’ economia reale, ossia con ciò che realmente crea valore per i residenti.
Si tratta in pratica di un gioco che modifica artificialmente il valore di ciò che si esporta.
Per capire il senso di ciò che sta succedendo si deve immaginare una vasca gigantesca di cui nessuno conosce davvero le dimensioni, che ogni giorno si riempie inesorabilmente.
La vasca è costituita dalla somma di tutti i portafogli finanziari del mondo, e l’ acqua, invece, è costituita dalla sommatoria del debito pubblico USA che il resto del mondo continua ad acquistare.
Prima o poi i gestori dei portafogli finanziari cesseranno di avere fiducia nella qualità del debito USA e tutti cercheranno una via di fuga per vendere i titoli di debito USA tenuti in portafoglio al massimo prezzo di mercato corrente.
Per questo motivo accadrà un crollo verticale incontrollabile del valore del dollaro USA.
L’ unica informazione che manca è la data: Nessuno sa quando inizierà questo processo di svalutazione.
Il Sole 24 ore
La Federal Reserve compra titoli di stato Usa per tenere bassi i loro rendimenti. E dato che questo equivale a stampare moneta, l’effetto finale è di svalutare il dollaro. Di riflesso, le banche centrali degli altri paesi sono costrette a comprare dollari per cercare di contrastare l’eccessivo apprezzamento delle loro valute nei confronti del biglietto verde. E come lo fanno? Comprando anche loro titoli di stato Usa. Ecco qual è il vero campo di battaglia della “guerra delle valute“: il gigantesco mercato dei titoli di stato Usa.
Per motivi opposti, tutte le banche centrali – tranne quella cinese – li stanno infatti rastrellando come bestie fameliche: la Fed ne ha acquistati 300 miliardi solo con il primo «quantitative easing» e ora prepara il bis, mentre le banche centrali estere ne hanno comprati 357 miliardi solo nei primi 7 mesi del 2010. Risultato finale: i rendimenti dei titoli di stato del paese più indebitato al mondo sono schiacciati sui minimi storici e sono destinati a scendere ancora. Un paradosso. O meglio: una vera e propria bolla. Alimentata non da aggressivi trader, ma dalle banche centrali. Da «Bubble-man»: nomignolo dato dai blog Usa al presidente della Fed Ben Bernanke.
Che gli investitori non americani (e si tratta principalmente delle banche centrali) stiano aumentando gli acquisti di T-Bond Usa lo si vede chiaramente dai dati del Tesoro americano. Tra il 2003 e giugno 2009 gli investitori esteri partecipavano ai collocamenti di titoli di stato decennali con una domanda mediamente pari al 27% del totale. Poi, da luglio 2009 fino all’asta di ottobre 2010, la domanda estera mediamente sale al 42,5% del totale. Con punte, a settembre, superiori al 50%. Tradotto in soldoni, da inizio anno gli investitori esteri hanno comprato in asta 684 miliardi di dollari di titoli di stato Usa a medio e lungo termine e 1.192 miliardi di titoli con durata inferiore a un anno. Depurando il dato dalle scadenze e dalle vendite, risulta che da gennaio a luglio (non esistono dati più recenti) i non-americani hanno aumentato i titoli di stato in portafoglio di 357 miliardi. Ma è sicuro che se si aggiornasse a ottobre, la cifra sarebbe ben più elevata.
Il motivo di questi acquisti, arrivati principalmente dalle banche centrali estere, è legato alla “guerra delle valute”. Iniziano infatti ad aumentare nel luglio 2009: guarda caso il dollaro in quel periodo perdeva quota. Poi, da inizio 2010 quando il biglietto verde si rafforza, la domanda estera si calma. Per poi riprendere e toccare il record nei mesi più recenti. E non è un caso che il maggior acquirente sia la banca del Giappone, che da gennaio a luglio ha aumentato i titoli Usa in portafoglio del 7,3% a 821 miliardi per contrastare il super-yen. E non è un caso neppure il fatto che l’unico paese dove gli acquisti si sono fermati sia la Cina (che ha ridotto i T-Bond in portafoglio del 4,72%): Pechino sta infatti cercando lentamente di rivalutare lo yuan. «Le banche centrali estere sono davanti a un bivio: o comprano titoli Usa, oppure devono accettare un eccessivo apprezzamento delle loro valute con conseguenze negative sulle esportazioni», osserva Marco Annunziata, capo economista di UniCredit.
Insomma: non hanno scelta. E il motivo è ovvio: il cosiddetto “quantitative easing” della Fed Usa (cioè l’acquisto di titoli di stato Usa) sta svalutando il dollaro. Per cui gli altri paesi devono intervenire in senso opposto. Di fatto, quindi, i grandi acquisti di T-Bond sono il risultato di una partita di giro. Ma l’effetto sui rendimenti è enorme: oggi i Treasury decennali rendono il 2,47% e tanti sono convinti che scenderanno al 2%. È impossibile dire quanto di questo rendimento sia causato dalla guerra delle banche centrali e quanto dal mercato vero. Certo è che rendimenti così bassi per un paese con un debito gigantesco hanno poco senso