Inammissibile l’impugnazione di delibera proposta con ricorso
Riccardo Bianchini scrive…
La breve pronuncia che si annota rappresenta una delle prima applicazione dell’art. 1137 c.c. nella sua formulazione successiva alla riforma del condominio del 2012.
Nel riformare tale disposizione, il legislatore aveva infatti preso atto dell’oramai pacifico (o meglio, pacificato) orientamento giurisprudenziale in forza del quale doveva ritenersi che l’impugnazione delle delibere condominiali dovesse essere proposta con atto di citazione e non con ricorso, ancorché l’art. 1137 c.c., testualmente, utilizzasse la parola “ricorso”.
La nuova stesura dell’articolo prevede infatti che “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.”
Come detto, nella vigenza della precedente stesura della disposizione, la giurisprudenza era comunque giunta ad affermare che "L’art. 1137 c.c. non disciplina la forma delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall’art. 163 c.p.c." (Cass. S.U. n. 8491/2011).
La conseguenza di tale impostazione era dunque quella di ritenere che la forma corretta per incardinare l’impugnazione fosse quella dell’atto di citazione: ciò però con il significativo temperamento di ritenere comunque sanabile l’errore della parte che avesse introdotto il giudizio con un ricorso.
Nel caso di specie, invece, il Giudice, preso atto dell’oramai chiarificazione raggiunta a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite e, soprattutto, a seguito della modifica della disposizione codicistica, ha ritenuto che il ricorso proposto avverso la deliberazione condominiale dovesse ritenersi inammissibile.
E questo perché introducendo il giudizio con l’atto di ricorso sono venuti a mancare i requisiti previsti a pena di nullità del numero 7) dell’art. 163 c.p.c.: ossia la data dell’udienza di prima comparizione e gli avvertimenti destinati al corretto instaurarsi del contraddittorio processuale con il convenuto.
Nella propria pronuncia il giudice ha poi soggiunto che, in una tale ipotesi, neppure può operare il principio generale di conservazione degli atti processuali fondato sulla possibilità che l’atto, per quanto invalido, abbia comunque raggiunto il proprio scopo, poiché mancando la data di dell’udienza lo scopo prefissatosi dal legislatore non è in alcun modo raggiunto.
In ultimo, nella pronuncia viene evidenziato come la nullità di cui è affetto l’atto introduttivo non potrebbe neppure essere sanata attraverso il meccanismo sanante di cui all’art. 164, comma 2, c.p.c., in quanto esso è regolato espressamente nei soli casi di introduzione del giudizio con citazione e, in ogni caso, in quanto il ricorso (necessariamente) era totalmente privo dell’indicazione di una udienza di comparizione (e non solo "l’avvertimento previsto dal n. 7) dell’art. 163" di cui al primo comma dell’articolo in questione).
Sulla base di tali argomentazioni, il Giudice ha dunque ritenuto inammissibile il ricorso proposto, con la conseguenza estremamente significativa che, stante il termine decadenziale di impugnazione, il ricorrente non potrà proporre alcun ulteriore tempestivo giudizio avverso la delibera condominiale.
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