Impugnazione da parte dei condomini assenti in sede di assemblea
Gabriele Bivona scrive…
03/04/2014 – La Corte costituzionale, con ordinanza n. 52 dello scorso 21 marzo, si è espressa in tema di impugnazione di delibere condominiali con particolare riferimento ai condomini assenti in sede di assemblea.
L’ordinanza in questione riguarda il giudizio di legittimità costituzionale di cui all’articolo 24, degli articoli 1137, 1134 e 1135 del codice civile.
Il tribunale ordinario di Catania ha sollevato la questione della legittimità nel corso di un giudizio civile avente ad oggetto l’opposizione ad una delibera condominiale ed il conseguente decreto ingiuntivo ad un condomino, per il fatto che la comunicazione della delibera stessa al condomino assente determini il decorso iniziale dei 30 giorni solo se presidiata dalle medesime garanzie di conoscibilità dell’atto previste per la notificazione degli atti giudiziari.
Nel caso in questione, ci si avvaleva della garanzia secondo la quale il postino aveva lasciato affisso presso la porta dell’abitazione del condomino al quale si doveva notificare la comunicazione della delibera assembleare, un avviso di raccomandata restituita al mittente per mancato ritiro oltre i termini e non potendo, quindi, egli stesso beneficiare della sospensione feriale.
Preme sottolineare che il termine dei 30 giorni di cui all’articolo 1137 del codice civile è un termine cosiddetto sostanziale a rilevanza processuale, in rapporto al quale con sentenza n. 49 del 1990, la Corte Costituzionale stessa ha già precedentemente stabilito l’applicabilità della sospensione feriale. Per tale motivo, quindi, il tribunale ordinario di Catania ha ritenuto che debba essere dichiarato illegittimo a livello costituzionale l’articolo 1135 del codice civile secondo il quale le dichiarazioni negoziali unilaterali si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, ossia in tutti i casi e, quindi, anche nei casi in cui il momento della conoscenza segni il decorso iniziale del termine di decadenza entro il quale poter adire quelle vie giudiziali che rappresentino per il titolare l’unico rimedio.
Il tribunale, a sostegno della tesi, ha richiamato la sentenza n. 346 del 1998 della Corte Costituzionale nella quale è stato stabilito che la differente modalità di notifica a mezzo posta ed eseguita personalmente da ufficiale giudiziario, non deve comportare una diminuzione delle garanzie per il destinatario del primo mezzo di notifica, soprattutto quando, come nel caso in questione, la raccomandata postale sia restituita al mittente dopo un periodo di giacenza molto breve, soprattutto nei casi di ferie estive.
Tutto comprensibile, seppur privo di sostegno giursprudenziale in quanto l’ordinanza presenta numerose e gravi lacune in ordine alla descrizione della fattispecie sottoposta all’esame del giudice, non specificando, prima tra ogni cosa, il tempo tecnico dopo il quale la raccomandata sia stata restituita al mittente, non chiarendo di quale tipo di delibera si tratti e quale vizio la parte ricorrente abbia fatto valere (l’articolo 1137 del codice civile, infatti, si applica solo nel caso di delibere annullabili e non a quelle nulle) e non prendendo in adeguata considerazione la giurisprudenza in essere che sostiene la tesi secondo la quale la presunzione di conoscenza ammette sempre prova contraria a condizione che il destinatario dimostri di essere stato impossibilitato a ricevere la comunicazione della delibera assembleare.
La Corte Costituzionale, quindi, ne ha respinto la questione per manifesta inammissibilità non ritenendo necessario ulteriore esame approfondito della materia.
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