In base alle norme del nostro codice civile [1], lo spazio sottostante al suolo su cui sorge un edificio in condominio, se non risulti un atto pubblico che dispone diversamente attribuendone la proprietà esclusiva a uno dei condomini, deve considerarsi di proprietà comune, ossia di tutti i condomini: e ciò indipendentemente dalla sua destinazione.
Pertanto, ne consegue che il condomino non può, senza il consenso degli altri, procedere a escavazioni in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o ingrandire quelli preesistenti. Diversamente, una tale situazione comporterebbe l’assoggettamento di un bene comune a vantaggio del singolo condomino. È quanto precisato dalla Cassazione con una recente sentenza [2].
L’autorizzazione fornita al condomino
Questo non significa che l’assemblea non possa autorizzare il singolo condomino del piano terra a scavare sotto il massetto per allargare i locali.
Tuttavia non ci si può accontentare di una semplice maggioranza assembleare. Come, infatti, ha chiarito nuovamente la Cassazione [3], la trasformazione in tutto o in parte nell’ambito di un condominio di un bene comune in bene esclusivo di uno dei condomini, può essere validamente deliberata dall’assemblea dei condomini soltanto all’unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale. In difetto di tale accortezza, il giudice dovrà dichiarare la nullità della deliberazione della assemblea assunta a maggioranza.
[1] Art. 840 e 1117 cod. civ.[2] Cass. sent. n. 11667/2015.
[3] Cass. sent. n. 7459/2015.
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