Che così il sottotetto? Inutile spulciare il codice civile, non si caverebbe un ragno dal buco! La definizione comunemente accolta, almeno stando all’insegnamento della dottrina, ci dice che il sottotetto è “
lo spazio compreso tra il tetto e il solaio che copre l’ultimo piano; si chiama anche soffitta o mansarda o con altri nomi: non serve di copertura, poiché di copertura serve il tetto sovrastante […] (Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982). Una definizione che ricalca quella che si legge su un qualunque vocabolario della lingua italiana. Chiarito ciò, spesso e conseguentemente, ci si domanda: in un edificio in condominio di chi è il sottotetto? Anche per questa domanda inutile cercar risposte nel codice civile: l’art. 1117 c.c. non lo nomina. Allungando lo sguardo ai pronunciamenti della Cassazione si legge che “
l’appartenenza del sottotetto (non indicato nell’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091). Una sentenza, questa resa dalla Cassazione che rappresenta il modo di vedere ormai comunemente accettato.
Di recente, sul finire del mese di luglio, un’altra pronuncia ha sostanzialmente ribadito quest’orientamento. In sostanza:
“ l’appartenenza del sottotetto di un edificio va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo esso compreso nei novero delle parti comuni dell’edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all’uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all’uso comune oppure all’esercizio di un servizio di interesse condominiale (condizione, questa, che la Corte territoriale ha escluso, essendo, invece, pervenuta, sulla scorta dei riscontri oggettivamente rilevati e valorizzati, alla conclusione dell’appartenenza all’immobile oggetto di aggiudicazione)” (Cass. ord. 23 luglio 2012, n. 12840).
Ciò vuol dire che nella determinazione della proprietà del sottotetto le parti devono prima d’ogni cosa verificare se i titoli d’acquisto (quindi anche il regolamento condominale se di orgine contrattuale) contengano informazioni in merito. In secondo istanza, nel silenzio di tali atti, bisognerà valutare la specifica funzione di quella parte di edificio. Un’operazione indubbiamente incerta sulla quale possono pesare molti fattori.
Avv. Alessandro Gallucci