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Il nostro tempo
Sessant’anni, nella speranza di vita media dell’uomo nel Ventesimo secolo, non sono molti. E non sono molti nemmeno nella vita di un giornale, anche se il “Secolo breve” ha offerto, in questi sessant’anni, tali e tante novità e vicende sconvolgenti da creare in ciascuno di coloro che li hanno vissuti una specie di sgomento retrospettivo: come abbiamo fatto a sopravvivere spiritualmente e intellettualmente a tanti olocausti di ideali e di norme etiche, a tanti naufragi di ideologie e di modi di vivere, a tante rovinose cadute di uomini e di idoli, senza perdere consapevolezza e fiducia in noi stessi?
Noi possiamo solo rispondere, qui, offrendo un’ipotesi, umile ma ragionevole, di come ha fatto a sopravvivere questo giornale in questi suoi primi sessant’anni di vita: lo ha fatto tenendosi fedele a quanto scrisse il suo primo direttore, don Carlo Chiavazza, nella presentazione del numero inaugurale de «il nostro tempo», nel 1946, là dove sintetizzava il bisogno dei cattolici in quel primo scorcio di pace dopo l’immane tragedia della Seconda guerra mondiale: quello di "rivivere" «nell’unità, nell’audacia, nell’umanità».