Ciò anche a seguito della «de-certificazione» del rapporto tra P.A. e cittadini di cui alla Legge di stabilità
Il Documento unico di regolarità contributiva (cosiddetto DURC) non è autocertificabile: esso non può, dunque, in nessun caso, essere sostituito da una dichiarazione di regolarità contributiva da parte del soggetto interessato. Lo ha ribadito il Ministero del Lavoro con la nota n. 619 del 16 gennaio 2012.
Il chiarimento si è reso necessario a seguito dell’entrata in vigore, lo scorso 1° gennaio, delle modifiche apportate dalla L. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012) alla disciplina dei certificati e delle dichiarazioni sostitutive di cui al DPR 445/2000. L’art. 15 di tale legge, infatti, da un lato, ha fissato il principio secondo cui le Pubbliche Amministrazioni, per gestire le procedure di propria competenza, non possono utilizzare o richiedere ai cittadini certificati (i quali rimangono validi solo nei rapporti tra privati); dall’altro, in materia di DURC, ha inserito nel DPR 445/2000 il nuovo art. 44-bis, ai sensi del quale “le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d’ufficio, ovvero controllate ai sensi dell’articolo 71, dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore”.
Nel fornire indicazioni, in generale, sulla riforma, il Ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione (direttiva n. 14 del 22 dicembre 2011) ha evidenziato come essa abbia come obiettivo la completa “de-certificazione” del rapporto tra P.A. e cittadini: l’utilizzabilità dei certificati – ossia le certificazioni rilasciate dalla Pubblica Amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti – soltanto nei rapporti tra privati comporta, infatti, come espressamente previsto dall’art. 15 della L. 183/2011, che, nei rapporti con gli organi della Pubblica Amministrazione e i gestori di pubblici servizi, tali certificati siano sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di notorietà, di cui agli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000.
Alla luce di ciò, il Ministero del Lavoro ha sentito il bisogno di intervenire: quanto sopra non può, infatti, valere per il DURC. In sostanza – spiega la nota in commento – anche a seguito dell’introduzione, nella sezione del DPR 445/2000 riguardante i certificati, del succitato art. 44-bis, il DURC continua a seguire un regime del tutto particolare, basato sull’assoluta impossibilità di sostituzione con una dichiarazione di regolarità contributiva da parte del soggetto interessato.
In effetti, nella nozione di certificato che emerge dal DPR 445/2000 (ove si parla di “stati, qualità personali e fatti”) rientrano elementi di fatto oggettivi riferiti alla persona, i quali non possono non essere, per la stessa, oggetto di sicura conoscenza: da qui l’autocertificabilità di tali elementi e la conseguente sanzionabilità penale in caso di mendaci dichiarazioni. La certificazione relativa al regolare versamento della contribuzione obbligatoria, invece, non è la mera certificazione dell’effettuazione del pagamento di una somma a titolo di contributi, ma un’attestazione degli Istituti previdenziali circa la correttezza della posizione contributiva di una realtà aziendale, frutto di complesse valutazioni tecniche di natura contabile derivanti dall’applicazione di discipline lavoristiche, contrattuali e previdenziali. Deve, quindi, ritenersi che l’art. 44-bis del DPR 445/2000 stabilisca semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC, senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie, gli Istituti previdenziali o, nel settore dell’edilizia, le Casse edili), non insistendo evidentemente né su fatti, né su “status” né tantomeno su qualità personali, non possono essere sostituite da un’autodichiarazione.
Circa l’acquisizione d’ufficio delle informazioni relative alla regolarità contributiva da parte delle Pubbliche Amministrazioni procedenti, la norma in esame si pone nel solco dell’art. 16-bis, comma 10 del DL 185/2008, con il quale il legislatore già aveva introdotto una semplificazione, stabilendo che, negli appalti pubblici, spetti alle stazioni appaltanti acquisire d’ufficio il DURC, anche attraverso strumenti informatici, dagli Istituti o Enti abilitati al suo rilascio “in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge”: ne è derivato il venire meno dell’obbligo, per le imprese che operano in appalti pubblici, di inoltrare l’istanza per il rilascio del DURC da presentare – nei vari casi in cui, in tale ambito, è richiesta la dimostrazione della regolarità contributiva – all’Amministrazione appaltante.
Quanto al riferimento, nell’art. 44-bis, ad un controllo delle informazioni relative alla regolarità contributiva “ai sensi dell’articolo 71” del DPR 445/2000 (concernente i controlli sulle dichiarazioni sostitutive), secondo il Ministero del Lavoro tale parte della norma lascia intendere la possibilità, per le Pubbliche Amministrazioni, di acquisire un DURC (e non un’autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere vagliati dalla stessa P.A. con le modalità previste per la verifica delle autocertificazioni.