Il conoscere segue fra la gente più vie,
delle quali scorgiamo solamente l’ inizio,
non il fine, la fine: poichè quelli son fuori
della nostra portata, come il Tempo e il Destino.
Del conoscere il premio non è altro che un sogno
che colui che l’ ha vinto stringe in pugno vagando;
fra i dormienti egli vaga: che incapaci di sogni,
refrattari al risveglio, si fan gioco di lui.
Di quel sogno il fratello lo si vede star solo,
separato dai suoi, disprezzato e reietto.
E il Profeta, il profeta che inatteso raggiunge
ammantato nel velo del pensiero futuro
il Paese che resta prigioniero ed oppresso
nel mantello velato di un trascorso passato.
E’ straniero alla vita che si mena al presente,
non si cura del biasimo, dalle lodi rifugge:
egli leva ben alta l’ alta torcia del Vero
(e quel fuoco lo strugge, ma non sente alcun
spasimo).
Egli è forte, per quanto si comporti da mite;
benchè prossimo a tutti, nessuno gli è affine.
“Nella foresta non c’ è alcun sapere,
sapiente ed ignorante sono assenti;
e quando i rami flettono alla brezza
non è per un omaggio a chi più sa.
Il sapere diffuso tra la gente
non è altro che nebbia sopra un campo:
come il sole si leva all’ orizzonte
ecco la nebbia cedere ai suoi raggi.
E tu porgimi il flauto e forte canta!
Il canto è la migliore delle scienze,
e la voce del flauto durerà
anche oltre la luce delle stelle”.