Il cambio d’ uso si può vietare
Ogni condomino può liberamente disporre della propria unità immobiliare purché ne faccia un uso non vietato dal regolamento di condominio ovvero, in generale, che non crei particolari problemi agli altri condomini. Il regolamento può in primo luogo vietare che gli appartamenti siti nell’edificio condominiale vengano destinati allo svolgimento di attività ritenute pregiudizievoli per il decoro, per la tranquillità o per la sicurezza di coloro che vi abitano.
Simili limitazioni e divieti possono però essere previsti solo nei regolamenti cosiddetti contrattuali, in quelli cioè predisposti dal costruttore dell’edificio o dall’originario unico proprietario e allegati o semplicemente richiamati nei singoli atti di compravendita. Possono formare oggetto anche di una delibera assembleare, purché assunta con il consenso unanime di tutti i condomini e poi trascritta nei registri immobiliari.
I vincoli devono essere chiaramente manifestati nel regolamento e comunque desumibili in modo non equivoco, non essendo sufficiente la semplice indicazione di una determinata attuale destinazione delle unità immobiliari, trattandosi di una volontà diretta a restringere facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini. L’ipotesi più semplice è quella in cui nel regolamento sia riportata la specifica elencazione delle attività che si ritengono vietate. In tal caso, è sufficiente accertare che quella svolta dal condomino nel proprio appartamento sia prevista come vietata: l’amministratore è autorizzato a intervenire per farla cessare, senza chiedere il consenso dell’assemblea.
Sorgono invece problemi quando il divieto fa riferimento più in generale ai pregiudizi che comunque si intendono evitare, richiamando i concetti di quiete, di tranquillità e di riposo, assolutamente meritevoli di tutela in un immobile destinato a civile abitazione. È necessario allora procedere a un esame specifico della singola situazione al fine di valutare se l’attività svolta leda il pari diritto degli altri condomini di godere in modo pacifico del proprio bene. L’importante è che queste clausole, in quanto destinate a imporre delle limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sui beni di loro esclusiva proprietà, siano scritte in modo chiaro ed esplicito e facciano uso di espressioni che non diano luogo a possibili incertezze.
Da sottolineare che l’obbligo assunto dai singoli condomini con l’accettazione del divieto di non eseguire nel proprio appartamento attività considerate vietate è di tale portata che la sua violazione, pur se protratta per oltre venti anni, non determina l’estinzione dell’impegno a tenere un comportamento conforme a quello imposto dal regolamento, per cui resta sempre il diritto degli altri condomini di esigere l’osservanza di detto comportamento. Attenzione quindi prima di prendere decisioni, perché il divieto di destinare il proprio appartamento a una particolare attività può magari risultare non già da una singola clausola, ma dal più generale contenuto del regolamento stesso oppure dal generale decoro abitativo di cui gode l’edificio, vuoi per la tipologia di costruzione, vuoi per l’ubicazione e vuoi anche per le abitudini consolidate delle persone che vi abitano.
Meno vincoli possono invece essere previsti nel regolamento di natura assembleare, cioè quello preparato da uno o più condomini e sottoposto successivamente all’esame che, approvandolo, lo rende obbligatorio per tutti i partecipanti al condominio. È un regolamento che non può imporre limiti all’uso delle singole unità immobiliari comportanti restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva di esse, né limitare o escludere il diritto di ciascun condomino di servirsi delle cose comuni nella maniera più conveniente. In tale più ampia ottica va valutata la trasformazione dell’appartamento da uso abitativo in laboratorio dentistico, in studio medico o in attività similari.
Indipendentemente infatti dalla mancanza di specifico divieto contenuto nel regolamento, è data possibilità all’assemblea dei condomini di valutare se detta attività sia compatibile con le loro esigenze di tranquillità, di sicurezza e, in generale, di godimento pacifico del proprio bene. L’eventuale delibera di divieto del nuovo uso a cui è stata destinata l’unità immobiliare sarà semmai soggetta a impugnazione da parte dell’interessato e in tal caso sarà poi il giudice a valutare la fondatezza o meno della decisione assunta.
Trattasi comunque di attività che ben lasciano presumere un maggior uso dei beni e dei servizi comuni, quali degli ascensori o delle scale oppure dell’androne o, ancora, del servizio di portineria. Si dovrà pertanto provvedere a modificare i valori millesimali di gestione e i riparti delle spese riguardanti tali servizi, salvo che l’autore del mutamento d’uso accetti di maggiormente concorrere a tali spese in misura forfetaria.
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