I conduttori all’interno dell’Anagrafe Condominiale
La norma prevede che nel Registro vengano anche indicati i dati anagrafici dei titolari di “diritti personali di godimento”. Ma non è chiara la ratio.
Il mancato concorso dei conduttori alla gestione condominiale.
Una riforma del regime condominiale, deve essere orientata verso la tutela delle esigenze abitative e non può fare a meno di affrontare in maniera organica il problema della condizione giuridica dei conduttori. Continuare a mantenere estranei alla vita condominiale, i soggetti che risiedono continuativamente nell’edificio, sarebbe ancor meno giustificabile di quanto non possa esserlo ora con la vigente normativa. Nell’approntare il progetto di riforma, si era considerato anche la partecipazione del conduttore nella gestione della vita condominiale in diverse fasi: l’art. 1117 quater stabiliva che “in caso di attività contrarie alle destinazioni d’uso delle parti comuni o delle unità immobiliari di proprietà individuale, ogni condomino ed ogni conduttore può chiedere all’amministratore di intervenire mediante diffida e, in caso di mancata cessazione delle violazioni nonostante la diffida, chiedere all’amministratore di convocare l’assemblea, inserendo all’ordine del giorno la richiesta di tutela della destinazione d’uso”. In questo caso il conduttore poteva agire, rivolgendosi all’amministratore, in caso di mancata cessazione delle violazioni nonostante la diffida, per richiedere la discussione in assemblea, della tutela della destinazione d’uso. Quindi, il conduttore, in questa ipotesi, viene equiparato al condomino. Questo articolo, in seconda lettura, è stato modificato eliminando qualsiasi riferimento al conduttore. Un secondo caso era previsto dall’art. 1122-bis che prevedeva gli interventi urgenti a tutela della sicurezza negli edifici. In questa ipotesi, su richiesta anche di un solo condomino o del conduttore, l’amministratore, qualora dovesse sussistere il ragionevole sospetto che difettino le condizioni di sicurezza di cui al primo comma, accede alle parti comuni dell’edificio ovvero richiede l’accesso alle parti di proprietà o uso individuale al condomino o al conduttore delle stesse. Tale articolo è stato soppresso perché forse considerato troppo “invasivo”. Infine, in merito alla partecipazione alle assemblee, il progetto di riforma all’art. 67 disp. att. al c.c. disponeva la partecipazione dei conduttori alle deliberazioni che attengono all’ordinaria amministrazione e al godimento delle cose e dei servizi comuni. Per la prima volta si prevedeva la possibilità di partecipazione di intervento del conduttore alle delibere assembleari. Ma anche in questo caso si è ritenuto non recepire, in fase di discussione del testo, questa modifica. Una occasione mancata.
Quindi, tutte le disposizioni sopra richiamate, sono state modificate o soppresse durante l’approvazione definitiva del disegno di legge alla Camera, con la conseguenza che la legge di riforma del condominio non contiene nessun riferimento espresso ai conduttori di immobili in condominio. Nessuna sostanziale modifica, dunque, alla disciplina prevista dall’art. 10 della legge equo canone. Una scelta, quella del legislatore, che ha deluso le attese di quanti speravano in un intervento innovatore in materia. Una scelta forse dettata anche dai tempi stretti per l’approvazione definitiva della riforma, avvenuta quasi a ridosso della fine della legislatura. Rimangono intatte le istanze di cambiamento di una normativa che, allo stato attuale, appare insufficiente a garantire la piena ed effettiva partecipazione dei conduttori alla vita condominiale.
Una norma “chiusa”?
Tra i vari oneri introdotti dalla recente riforma sul condominio, l’amministratore deve inserire e curare la tenuta del registro dell’anagrafe condominiale (art. 1130, n. 6, c.c.). Strettamente connesso a tale adempimento vi è anche quello dell’aggiornamento del registro. Per fare ciò l’amministratore dovrà tener conto delle prescrizioni indicate dal Garante per la protezione dei dati personali, relative alle operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell’ambito delle attività connesse all’amministrazione dei condomini. Ricordiamo che ogni diritto del condòmino deve essere rapportato a quello della collettività condominiale, ma per fini gestionali, ’amministratore non può travalicare i precisi limiti individuati dal Garante (cfr. Amministrazioni di condominio – Attività dell’amministratore di condominio – 19 maggio 2000. [doc. web n. 42268]).
Nel silenzio della norma non è chiaro il motivo per cui nel Registro dell’anagrafe condominiale l’amministratore debba comunque inserire e trattare anche i dati anagrafici relativi ai conduttori. Il dubbio sorge da un dato oggettivo:il nostro ordinamento, ad oggi, nonostante alcuni tentavi tutti naufragati, non riconosce espressamente alcun rapporto gestorio condominiale che coinvolga direttamente gli inquilini delle porzioni esclusive (cfr. artt. artt. 9 e 10 l. 27 luglio 1978, n. 392).
L’alternativa potrebbe essere:
che la norma introdotta possa aprire ad una diversa interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 10 l. n. 392 del 1978, in relazione all’art. 66 disp. att. c.c., ricomprendendo finalmente anche gli inquilini tra gli aventi diritto cui va esteso, per quelle delibere, l’onere di convocazione gravante direttamente sull’amministratore;
l’estensione del “censimento” a tali soggetti, considerati sostanzialmente estranei alla gestione condominiale, serva solo per una immediata conoscenza di soggetti che potrebbero essere autori di violazioni di norme del regolamento condominiale (ipotesi paventata già da alcuni autorevoli commentatori della norma).
L’individuazione del soggetto legittimato ad informare il conduttore della convocazione dell’assemblea.
Il problema posto è connesso all’obbligo se ad informare il conduttore della convocazione dell’assemblea gravi sul proprietario-locatore ovvero sull’amministratore del condominio. Da tale obbligo ne discendono alcuni corollari quali, per esempio si discute, degli effetti giuridici conseguenti alla mancata convocazione del conduttore, della possibilità per il conduttore di impugnare le delibere adottate in sua assenza o con il suo voto contrario e se l’amministratore del condominio sia tenuto a riscuotere direttamente dal conduttore i contributi condominiali e, in particolare, le spese della gestione del riscaldamento.
Ad oggi vi sono due orientamenti contrapposti:
un primo orientamento, ormai datato ma ancora maggioritario, secondo cui la norma non avrebbe derogato alle disposizioni di cui agli artt. 1136 c.c., 66 e 67 disp. att. c.c., lasciando inalterato il rapporto tra il singolo condomino ed il condominio, che rimarrebbe del tutto estraneo al rapporto di locazione. Quindi il rapporto di locazione continuerebbe a produrre i suoi effetti esclusivamente tra locatore e conduttore e l’onere di convocare il conduttore, non incomberebbe mai sull’amministratore, ma sempre e solo sul locatore che, ricevuta la convocazione da parte dell’amministratore, dovrebbe, a sua volta, tempestivamente avvisare dell’assemblea il conduttore. (App. Genova, 4.5.1996; Trib. Milano, 6.6.1988);
un secondo orientamento, più coerente e condivisibile con la ratio della norma (art. 10 legge equo canone), riconosce al conduttore, in determinate materia, un vero e proprio diritto di intervento (e di voto), da questi esercitabile jure proprio nei confronti del condominio, anche in considerazione del fatto che se lo scopo perseguito dal legislatore è quello di far sì che le decisioni in tema di determinati servizi comuni vengano prese dai conduttori, sui quali vanno a gravare le spese dei servizi stessi, sarebbe illogica una interpretazione in base alla quale non verrebbe assicurato il diritto a partecipare alle relative assemblee anche ai conduttori di unità immobiliari in condominio. Secondo questo orientamento, la dizione "in luogo del locatore" utilizzata dal legislatore, starebbe a significare che il conduttore subentrerebbe, nella stessa posizione giuridica del condomino-locatore, sia pure nei limiti della gestione cui è ammesso a partecipare, divenendo titolare nei confronti dell’organizzazione condominiale, intesa come ente di gestione, degli stessi diritti e degli stessi obblighi facenti capo al condomino locatore. (Cass. 10.7.1980, n. 4420/1980; Cass. n. 8755/1993; Cass n. 19308/2005).
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