Grecia, il vero schiavo è chi non sa immaginare la libertà
Cari amici,
mi chiedo quando si aprirà la gabbia dell’ euro?
Fino a quando sapremo sopportare l’ aumento delle tasse, la diminuzione dei salari e degli stipendi, le "riforme" che abbassano la qualità dei servizi statali?
Fino a quando sapremo sopportare i nostri politicanti che continuano a imporci l’ idea che all’ euro non ci sono alternative?
Pare che per trovare una voce dissonante nell’isterico coro che predice caos, anarchia e sciagure nel caso di uscita dalla Grecia dall’euro sia necessario rivolgersi alla grande letteratura del passato.
Dopo Cervantes, autore di Don Chiosciotte e Sofocle, che ci ha lasciato la tragedia Antigone, ecco che ci viene in aiuto Charles Dickens! Nel suo romanzo “La piccola Dorrit” il padre della protagonista, William Dorrit, non riesce a pagare i suoi debiti fino a quando i creditori lo tengono rinchiuso nella prigione di Marshalsea.
E lo tengono là perché gli conviene mantenere i suoi debiti nei loro registri, piuttosto che ammettere che non potrà saldarli. Dickens si scaglia contro l’ipocrisia di finanzieri spregiudicati e corrotti, che trascinano nella rovina la gente che hanno invischiato nelle loro truffe.
La citazione del romanzo compare in un articolo del giornalista inglese Simon Jenkins, pubblicato sul Guardian con l’esplicito titolo “La peggiore catastrofe per la Grecia ora sarebbe restare nell’euro”.
Colpisce nell’articolo il coraggioso rovesciamento dei concetti con cui veniamo martellati da mesi sulla questione del debito greco: le misure di austerity imposte alla Grecia sono state produttive come far cucire i sacchi postali ai detenuti e invece che una catastrofe, l’ipotesi di Grexit diventa “la luce alla fine del tunnel”.
Negare a un paese i benefici della bancarotta significa imprigionarlo in condizioni disumane, come succedeva ai disgraziati inglesi che non riuscivano a pagare i loro debiti. E mantenerlo così conviene ai banchieri, come accadeva un tempo con i creditori di Dorrit. Al di là delle dichiarazioni di facciata, i manager dell’eurozona tengono più ai loro prestiti e all’idolatrata moneta unica che alla Grecia. Sono ossessionati da un’unica preoccupazione: estendere i rimborsi greci per favorire le banche tedesche, francesi e inglesi.
Certo, ammette Jenkins, l’uscita dall’euro sarà difficile da gestire, ma soprattutto perché è stata rimandata troppo e ora diventa una scelta forzata. D’altra parte lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha ammesso la settimana scorsa che il debito greco è “insostenibile”.
Se la Grecia fosse uscita dall’euro dopo la crisi del 2008, a quest’ora, con una moneta sovrana, sarebbe già sulla strada della ripresa, con i debiti svalutati, i cittadini tornati al lavoro, gli investimenti ripresi e il turismo in pieno boom.
Un quadro troppo roseo? Forse, ma è difficile immaginarsi una situazione peggiore di quella in cui il paese piomberebbe, se si dovesse ricominciare con l’austerity che lo ha portato alla rovina.
http://www.pressenza.com/it/2015/07/la- … er-debiti/