Cari amici,
Anzitutto bisognerebbe ammettere che i debiti pubblici degli stati occidentali sono inesigibili (…di tutti gli stati, anche di quello degli Stati Uniti).
Siamo pronti ad ammetterlo? …non mi sembra.
Monti ha promesso che proporrà dei sacrifici equi, che serviranno per raggiungere l’ equilibrio di bilancio.
Ciò vuol dire in pratica che, quando faremo i sacrifici (ossia in un modo o nell’ altro avremo meno soldi di oggi), Monti userà queste minori entrate nostre affinchè le entrate totali del bilancio pubblico arriveranno a pareggiare le uscite totali del bilancio pubblico.
A quel punto dovremo immaginare come trovare altri soldi per restituire circa 1.900 miliardi di debito pubblico.
Monti immagina che la crescita (ossia l’ incremento del PIL), causerà l’ aumento della ricchezza finanziaria necessaria per ripagare il debito pubblico.
Ma, se faremo i sacrifici suddetti, probabilmente la crescita non ci sarà, perchè per crescere economicamente è necessario anzitutto disporre di soldi da poter spendere.
Pertanto, cari amici, dobbiamo avere il coraggio di dirci la verità: Il debito pubblico non lo possiamo pagare! …E’ inesigibile.
Le banche che oggi hanno a bilancio il nostro debito pubblico devono anche loro accettare questo fatto, e mettere il nostro debito a perdita.
Tutto ciò prima o poi saremo costretti a farlo, se vogliamo evitare le rivoluzioni che stanno oggi iniziando in Grecia (…i Greci hanno iniziato i sacrifici prima di noi), o in Francia (…in Francia i sacrifici tra un po’ inizierarlo a farli), o negli Stati Uniti (Anche là le persone normali stanno iniziando a capire che cosa li aspetta).
Ma negli Stati Uniti il sistema che ci governa gode di un grande vantaggio: La Fed (la banca centrale USA), stampa denaro per sostenere l’ economia americana, e ciò contribuisce a nascondere il peso dei debiti ai cittadini (scrivo “nascondere”, perchè l’ inflazione creata stampando moneta, in pratica, aumenta soltanto i prezzi dei beni venduti, ma non riesce ad incrementare anche i salari e gli stipendi; quindi gli americani si ritrovano più poveri in modo “politicamente corretto”).
Qui da noi, invece, la banca centrale europea non ha (…per ora!) la minima intenzione di mettersi a stampare soldi, ma prima o poi credo che sarà costretta a farlo, perchè la pressione politica diventerà insostenibile.
….vedremo cosa succederà!
L’ importante è capire bene una questione importante: CHI NON HA I SOLDI PER PAGARE NON PAGA!
Se uno stato indebitato non ha la possibilità di ripagare i propri debiti, non puoi fare finta che con i sacrifici un giorno la situazione cambierà, perchè NON CAMBIERA’!
L’ economia è una scienza difficile, perchè se la conosci ti racconta la verità, e ti costringe ad accettarla.
Lo aveva fatto di fronte a una platea alquanto scettica durante una conferenza stampa tenutasi la scorsa primavera a Los Angeles presso il Milken Institute, dove aveva messo in guardia sul fatto che Grecia, Italia, Portogallo e Spagna non avrebbero soltanto dovuto rivedere le loro politiche di bilancio per rimettersi su un percorso virtuoso di crescita. A far da bussola sarebbero, infatti, state a suo avviso le soluzioni promosse dai policy makers.
“L’attuale condotta politica porterà dritti a disordini sociali”, aveva scandito, aggiungendo: “Nessuno dovrebbe dimenticare la storia di questi paesi: tutti quanti hanno avuto guerre civili, dittature fasciste e rivoluzioni. E questo – aveva concluso in quell’occasione – sarà di nuovo il loro futuro, se i governanti non prenderanno le giuste iniziative”.
Adesso che la crisi del debito sovrano dalla Grecia si è propagata al resto d’Europa e rischia di inghiottire anche la Francia, oltre che l’Italia e la Spagna, quelle previsioni di Connolly non solo hanno conquistato maggiore validità, ma secondo gli addetti impongono nuove riflessioni su un’eventuale fine dell’euro.
Una tesi che è in realtà caldeggiata da diversi mesi dagli speculatori dei mercati per eccellenza, gli hedge funds, e che ha trovato sponda anche da economisti del calibro di Martin Feldstein di Harvard e di Paul Krugman di Princeton nonché columnist per New York Times, critici di lunga data sul progetto Eurozona.