…e poi ci si desta, non all’improvviso, ma come al solito, come sempre, nell’incantevole monotonia del mattino. E come al solito, come sempre, un fresco sole ci accoglie con antica bonomia. E allora tutto si srotola con la beata semplicità d’un fil di lana. Fili compatti, iridescenze di perla. Contrariamente a quanto pontifica un apocalittico Bagnasco, "non è vero che questo Paese sia sfilacciato e triste – ha commentato Rita Levi Montalcini ricevendo, alla Bicocca di Milano, la laurea honoris causa in Biotecnologie industriali. "E’ invece il posto più bello del mondo, pieno di arte, cultura e tanta voglia di fare. Solo che – ha poi soggiunto, pensosa – spesso non ci accorgiamo della nostra fortuna. Non siamo abbastanza orgogliosi di noi stessi, dei nostri doni. Non veniamo amati. Quante intelligenze costrette a emigrare all’estero. Quando ne abbiamo bisogno qui. L’intelligenza è ottimismo. L’intelligenza non ha sesso".
Semplice, lineare, e al tempo stesso adamantina e ferma. Tale è sempre il nostro premio Nobel, con quegli occhi azzurri, quasi trasparenti, filtrati d’aria, fissi verso il futuro, lei che a breve compirà 99 anni. Le sue parole scarne, la consapevolezza del "tacere bello", quel suo sospiro di seta, ha scagliato lontano, tra le sazie vergogne dei tremebondi, la mia invereconda domanda di senso. Il senso l’ho ri-trovato nel trillìo danzante delle parole di questa donna, e assieme un sentimento di vergogna per la mia vile debolezza, per aver subito anch’io la doppiezza acuminata dei profeti di sventura e dei loro tornitruanti, sordidi vaticini. Dimentica che la Parola non è mai urlata, non è nel tuono, non nel fulmine e nella tempesta. Grazie, Rita, per questa brezza rigenerante.