Come si sa, dall’ 1 luglio i proprietari di casa, in caso di compravendite, sono costretti a redigere l’ attestato di certificazione (o qualificazione) energetica dei loro appartamenti.
Dal momento che le norme consentono di predisporre una certificazione energetica unica per tutto l’ edificio, è provvedere subito, per risparmiare: una sola certificazione costa meno di venti o trenta singole.
Il dlgs n. 192 / 2005 afferma, infatti, che, in caso di condomini dotati di caldaia centralizzata, è possibile redigere un’ unica certificazione energetica per tutto l’ edificio. Quando invece le caldaie sono singole, resta possibile certificare unitariamente gli appartamenti della stessa tipologia (grandezza e caldaiette simili).
La certificazione energetica comune conviene a chi intende vendere il proprio appartamento entro alcuni anni. Invece sarà poco propenso ad affrontare la spesa chi è sicuro di continuare ad abitare la casa ancora per molto tempo o non intende affittarla a breve.
Infatti la validità di un attestato è di dieci anni: all’ undicesimo questo documento non vale più.
Secondo l’ Ace (associazione certificatori energetici), bisogna distinguere tra documenti seri e non. Sarebbe in atto una vera propria corsa al ribasso delle tariffe, con offerte che vanno da 70 – 80 euro a certificazione di appartamento nei supercondomini, a 100 euro in media nei condomini di medie dimensioni, contro i 400 euro che sarebbero dovuti in media per una certificazione singola (cifre che confermiamo, dopo un giro di telefonate agli amministratori).
Una certificazione condominiale seria dovrebbe invece quotare sui 250 euro ad appartamento, se la caldaia è centralizzata, e almeno 50 euro in più se è singola.
A sostenere la svendita sarebbero soprattutto quei tecnici qualificati secondo la vecchia legge n. 10 / 1991 che sono assurti a certificatori senza nemmeno seguire un corso e spesso compilano certificazione energetiche di dubbia qualità con l’aiuto dei programmini informatici imposti dalle regione o forniti da aziende di software.
Alla regione Lombardia confermano che una verifica a campione di una quarantina di certificazioni, pur fatta con una certa tolleranza per le sviste più superficiali, ne ha identificato una buona fetta di inaccettabili e sottoponibili alle sanzioni di legge (che colpiscono i certificatori, non i loro clienti).
I migliori tecnici sono risultati quelli che lo sono divenuti di recente, e quindi sono stati costretti a seguire i corsi di formazione.
La certificazione energetica condominiale riguarda i singoli appartamenti e non le parti comuni, come scale, androni e corridoi (che non sono riscaldate).
Perciò una delibera potrebbe essere radicalmente nulla, perché il suo oggetto (l’ appartamento, appunto) è fuori dall’ ambito delle decisioni condominiali.
Quindi l’ amministratore può solo proporre la certificazione comune, lasciando a ciascuno libera scelta. D’ altronde è anche vero che la caldaia centralizzata è senz’ altro un impianto di proprietà condominiale e che i muri esterni del palazzo, che fanno da cappotto all’edificio, sono anch’ essi comuni.
Una buona soluzione è deliberare in assemblea il calcolo delle prestazioni energetiche di caldaia centralizzata, muri e tetto, a spesa comune. Viceversa resterà facoltà di ciascuno, a spese aggiuntive proprie, chiedere o meno la certificazione energetica, completando l’ analisi con eventuali valutazioni del proprio appartamento.