La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 12715 del 14/05/2019, afferma un principio in materia condominiale, in riferimento alla possibilità di espropriare i crediti di un condominio.
La fattispecie prevede che il creditore espropriante, dopo aver ottenuto un titolo esecutivo ai danni del condominio, pone in essere una particolare procedura esecutiva, il pignoramento presso terzi, per cui si sostituisce al suo debitore nella riscossione delle somme dovute a quest’ultimo da parte di terzi soggetti.
Esempi di espropriazione verso terzi
Tipica espropriazione presso terzi è il pignoramento delle somme depositate sui conti correnti, come anche il pignoramento del quinto dello stipendio o il pignoramento della pensione.
Possono essere oggetto di pignoramento presso terzi oltre che somme di denaro, anche beni mobili, partecipazioni sociali, diritti di credito.
Tecnicamente la procedura prevede che il terzo creditore rilasci una dichiarazione ai sensi dell’ art. 547 c.p.c., nella quale specifichi di quali somme o beni è debitore e se su tali somme o beni vi sono vincoli, sequestri o precedenti pignoramenti.
Principio espresso dalla Corte di Cassazione
In questa prospettiva si pone il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 12715/2019, secondo cui il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all’ espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dal condominio nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall’assemblea; pertanto nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 ss. c.p.c. e senza che entri in gioco il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali.
Principio della parziarietà e forma giuridica del condominio
Questa sentenza, a giudizio di chi scrive, è un tentativo indiretto di attribuire una forma giuridica propria al condominio, al fine di giustificare il superamento del disposto del comma 2 art. 63 disp att. che recita: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
E’ un fatto che l’ espropriazione dei crediti del condominio verso i singoli condòmini crea un’ azione diretta verso gli “obbligati in regola”, i quali sono così obbligati a destinare i propri fondi per un fine diverso da quello che l’ assemblea aveva deliberato.
A giudizio di chi scrive, infatti, fino a che non si riuscirà a definire giuridicamente il condominio, i fondi custoditi in banca, e i crediti verso i condòmini deliberati dall’ assemblea, sarebbero di proprietà dei singoli depositanti fino a che non vengano spesi, poichè mancherebbe il presupposto giuridico sufficiente per attribuirne la piena proprietà al condominio.
Ma la Corte di cassazione, evidente, ha un diverso e ben più autorevole parere.