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Delibere condominiali, non basta una raccomandata all’amministratore per contestarle

Avv, Alessandro Gallucci scrive…

Nel condominio in cui vivo all’inizio di settembre si è tenuta un’assemblea alla quale non ho potuto partecipare.

L’amministratore mi ha inviato il verbale e con mia grossa sorpresa ho scoperto che si è deciso di automatizzare il cancello carrabile; dico con grande sorpresa perché l’argomento non era inserito nell’ordine del giorno.

Quindi ho scritto subito dopo all’amministratore chiedendo di annullare quella delibera perché io non ero presente e non sapevo che avrebbero discusso di quell’argomento. Morale della favola: nessuna risposta sull’argomento, anzi! Tre giorni fa mi è arrivata una lettera dell’amministratore con la richiesta di pagamento delle quote per poter dare inizio ai lavori.

Com’è possibile tutto ciò? L’amministratore non era tenuto a riconvocare l’assemblea per decidere nuovamente o comunque per annullare la precedente delibera?

Sebbene ai più la risposta al nostro lettore possa apparire semplice, ci sono altrettanti “più” che ritengono che per la contestazione di una delibera condominiale sia sufficiente una lettera raccomandata all’amministratore.

Le cose non stanno così ed anzi, la lettera da sola rischia di far perdere tempo e quindi di far consolidare il deliberato invalido.

Vale la pena comprendere il perché e quindi conoscere, per chi ancora non ne fosse a conoscenza, le ragioni che non consentono la contestazione di una delibera assembleare mediante semplice invio di una raccomandata.

L’ addentellato normativo, come si dice in questi casi, è rappresentato dall’art. 1137, secondo comma, c.c., che recita:

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

E’ l’Autorità Giudiziaria, quindi, l’organismo deputato a valutare l’illegittimità della deliberazione e dichiararne l’annullamento. Lo stesso dicasi per le delibere nulle: è sempre il giudice a dover accertare l’asserita nullità e quindi invalidare la deliberazione dell’assemblea.

Per Autorità Giudiziaria s’intende il Tribunale o il Giudice di Pace – dipende dal valore della controversia – del circondario nel quale è ubicato il condominio (art. 23 c.p.c.).

Cause condominiali, competenza per valore e quella per territorio

Bisogna ricordare, poi, che l’azione giudiziaria riguardante l’impugnazione di delibera dev’essere preceduta dall’esperimento di un tentativo di mediazione presso un organismo a ciò abilitato ed anche esso ubicato nel circondario dell’Autorità Giudiziaria competente (art. 71-quater disp. att. c.c. e art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010.

E la raccomandata? Quale può essere il suo valore?

Ai fini della contestazione della delibera, nessuno, puramente simbolico. Nel caso del nostro lettore, ad esempio, il semplice passare dei trenta giorni dalla comunicazione del verbale ha comportato la sua decadenza dal diritto di impugnare quella delibera il cui vizio comportava la sua annullabilità (art. 66 disp. att. c.c.).

E l’amministratore? Gli può essere mosso qualche addebito?

In buona sostanza l’amministratore è tenuto a convocare un’altra assemblea per evitare d’incorrere il responsabilità professionali?

In linea di principio sì: gli altri condòmini potrebbero rimproverargli di non averli messi in condizione di evitare una causa (e le relative spese), che avrebbero potuto evitare, ad esempio sostituendo la delibera. Il condomino che ha inviato la raccomandata, tuttavia, non può lamentarsi di nulla, in quanto l’amministratore non gli ha impedito di contestare quel deliberato.

http://www.condominioweb.com/non-basta- … bere.12166

 

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