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Delibera annullabile sostituita da delibera valida

Delibera annullabile sostituita da delibera valida

Non può essere annullata la delibera dell’assemblea di condominio, pur invalida, se essa viene sostituita con altra valida delibera.

“… secondo l’orientamento della Cassazione … in tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell’art. 2377 c.c. dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la “cessazione della materia del contendere” (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. II, 28 giugno 2004, n. 11961 in Riv. giur. edilizia 2005, I, 88 ed in Giust. civ. Mass. 2004, 6), e senza che in detta causa possa inserirsi questione circa la legittimità della nuova deliberazione, trattandosi di ampliamento del thema decidendi precluso dalla novella del 1990 (cfr. in tal senso: Tribunale Monza, sez. I, 19 luglio 2001 in Giur. merito 2002, 403)

In altre parole, la disposizione dell’art. 2377, ult. comma, c.c., secondo cui l’annullamento della deliberazione assembleare non può avere luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge o dell’atto costitutivo, benché dettata con riferimento alle società per azioni, ha carattere generale ed è perciò applicabile anche alle assemblee dei condomini di edifici, con la conseguenza che nel giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare del condominio si verifica la “cessazione della materia del contendere” quando risulti che l’assemblea dei condomini, regolarmente riconvocata, abbia validamente deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata (cfr. Cass. civile, sez. II, 30 dicembre 1992, n. 13740 in Vita not. 1993, 197 ed in Giust. civ. Mass. 1992, fasc.12; Cass. civile, sez. II, 17 marzo 1993, n. 3159 in Giust. civ. Mass. 1993, 513).

Dunque, ove sopravvenga la sostituzione della delibera invalida ex art. 2377 comma 4 c.c., l’annullamento non può avere luogo e interviene la “cessazione della materia del contendere”, restando sottratto al giudice adito per l’impugnazione il potere-dovere di sindacare incidentalmente la legittimità dell’atto di rinnovo, il quale potrà semmai essere sottoposto ad ulteriore impugnazione, se si ritenga che anch’esso non sia conforme alla legge o all’atto costitutivo (cfr. in tal senso: Tribunale Monza, 05 marzo 2001 in Giur. comm. 2002, II, 528).

Né rileva la circostanza che la successiva assemblea si sia limitata a deliberare sui medesimi argomenti posti all’ordine del giorno nella precedente assemblea, senza annullare la precedente delibera affetta da vizi e/o irregolarità né sostituire la delibera impugnata di cui è causa.

Si verifica, infatti, la cessazione della materia del contendere ogni qual volta l’assemblea condominiale regolarmente riconvocata abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto dell’impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme particolari, un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido, come ben chiarito dalla seguente pronuncia della Cassazione: “La disposizione dell’art. 2377 comma ultimo c.c., secondo la quale l’annullamento della deliberazione dell’assemblea della società per azioni non può avere luogo se la deliberazione sia stata sostituita con altra presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo, ha carattere generale ed è perciò applicabile anche alle assemblee dei condomini degli edifici. Pertanto si verifica la cessazione della materia del contendere, quando l’assemblea condominiale regolarmente riconvocata abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto dell’impugnazione, ponendo in essere pur in assenza di forme particolari un atto sostanzialmente sostitutivo di quello invalido” (cfr. in tal senso: Cass. civile , sez. II, 21 ottobre 1998, n. 10445 in Riv. giur. edilizia 1999, I, 249; Cass. civile , sez. II, 09 dicembre 1997, n. 12439 in Giust. civ. Mass. 1997, 2350 )”.
(Trib. Torino del 19.06.08, v, anche Cass. n.2999/10)

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