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Danni da cose in custodia del condominio

Danni da cose in custodia del condominio

Il Sole 24 ore:

Attenzione ai danni cagionati dalle cose di cui è custode il condominio: per dichiarare la responsabilità del custode (articolo 2051 del Codice civile) è sufficiente che l’attore dimostri il verificarsi dell’evento dannoso e il suo rapporto di causalità con il bene, mentre è il danneggiante che, per esimersi, deve provare il caso fortuito.
I principi di diritto sono stati ribaditi dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 10860 del 2012, si è pronunciata sul caso di un bambino che aveva subito danni a causa della chiusura improvvisa e accidentale del portone d’ingresso. I genitori del minore avevano quindi citato in giudizio il condominio, che, a sua volta, aveva chiamato in causa la compagnia di assicurazione per esserne manlevato in caso di soccombenza. Ma la domanda di risarcimento dei danni era stata rigettata sia dal giudice di pace sia dal tribunale: secondo quest’ultimo, l’incidente si sarebbe verificato perché il minore era rimasto nel raggio di chiusura dell’anta e, di conseguenza, era l’unico responsabile del sinistro. Infatti, il meccanismo era tale che chiunque fosse rimasto nella lunetta disegnata dal rientro del battente era destinato a essere investito.
Il ricorso del danneggiato (ormai maggiorenne) è stato invece accolto dalla Suprema corte per la quale il giudice di merito «avrebbe fatto malgoverno del disposto dell’articolo 2051 del Codice civile, avendo escluso la responsabilità del condominio benché questi non avesse fornito alcuna prova in ordine alla ricorrenza di un caso fortuito idoneo a interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia – nella fattispecie, il portone di ingresso del palazzo – e il danno subito dall’attore».
In effetti, in tema di custodia, la responsabilità per i danni prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva: per la sua configurabilità necessita solo del rapporto eziologico tra cosa ed evento; la responsabilità prescinde inoltre dall’accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza di agenti dannosi.
Può essere esclusa solo in presenza del caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, che abbia un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nel provocare il pregiudizio (Cassazione, sentenze 3229/2010, 4279/2008, 28811/2008).
In pratica, il danneggiato deve dimostrare il rapporto di custodia e il nesso eziologico tra bene ed evento a prescindere dagli stati soggettivi del danneggiante; quest’ultimo per sottrarsi alla responsabilità oggettiva deve dimostrare il caso fortuito che interrompe il nesso. L’errore giuridico in cui è caduto il tribunale, secondo la Cassazione, sta nel sostenere che il ragazzo era rimasto nel raggio di chiusura dell’anta: affermazione non suffragata da alcun elemento oggettivo e quindi frutto di una presunzione che contra ius addossa al danneggiato, piuttosto che al custode, l’onere di provare l’insussistenza del caso fortuito, costituito, nel caso specifico, dal comportamento della vittima.

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