Condominio – Nozioni generali
Approcciarsi alla materia condominiale significa prima di tutto capire che cos’è il condominio. Come per altri istituti, il codice civile non ne fornisce una definizione. Le difficoltà proseguono, in quanto alla domanda che cos’è un condominio è possibile rispondere in diversi modi, essendo il concetto riferibile al profilo materiale, giuridico, ecc. Confrontarsi subito con questi quesiti significa affrontare la materia del diritto condominiale correttamente, comprendendo il giusto significato delle norme che lo regolano, le loro lacune nonché lo spazio loro proprio riservato dal legislatore all’interno del nostro ordinamento. Scopo di questa guida è appunto quello di fornire gli strumenti necessari ad un corretto inquadramento giuridico dell’istituto del condominio.
La costante crescita del contenzioso inerente la materia in oggetto nonché l’avanzamento delle moderne tecnologie, della cultura e della socialità hanno spinto il legislatore a rivisitare ed aggiornare l’intera normativa condominiale.
La giurisprudenza del caso, corposa e sicuramente utile laddove si ravvisassero importanti lacune di legge, non è più essa sola stata in grado di far fronte al fabbisogno di tutela giudiziaria che gli interessati richiedono. Ecco quindi che il 20 Novembre 2012 la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica ha approvato il testo definitivo della riforma del Condominio: un insieme di articoli che hanno integrato ed aggiornato un ambito giuridico che ha guadagnato e continua a riscuotere sempre più attenzione da parte degli operatori.
Detto ciò è di primaria importanza definire il condomino. I profili definitori di maggiore interesse sono quelli attinenti la sfera giuridica che guardi alla sua materialità ed alla sua soggettività nel nostro ordinamento. Abbiamo detto che il codice (e più in generale la legge) non definisce che cos’è il condominio. Si tratta di un istituto relativamente giovane, disciplinato in maniera sistematica solo nel codice del 1942. Il codice del 1865, infatti, non conteneva una disciplina compiuta del condominio.
Il fatto che le norme che lo riguardano siano collocate nel Libro III, relativo alla proprietà, e più nello specifico nel Capo II del Titolo VII relativo alla comunione, ci aiuta a capire come il condominio non sia altro che una particolare forma di comunione su di un bene immobile. La peculiarità rispetto alla più generale disciplina della comunione va rintracciata nel fatto che nel condominio coesistono parti di proprietà esclusiva accanto a parti di proprietà comune. Pertanto, mentre tutti i beni immobili possono essere oggetto di comunione, non tutti possono essere in condominio.
Solo per esemplificare, un terreno di proprietà di due, tre o più persone è soggetto alla disciplina della comunione e mai potrebbe essere oggetto di disciplina condominiale. Viceversa, un palazzo che si componga di quattro, cinque o più unità immobiliari potrà essere soggetto tanto alla disciplina della comunione quanto a quella speciale del condominio.
Così se le unità immobiliari sono di proprietà esclusiva di diversi soggetti si applicherà la disciplina del condominio. Ciò perché accanto alle parti di proprietà individuale (gli appartamenti) ci saranno quelle parti che per legge dovranno essere considerate di proprietà comune. Tuttavia, qualora lo stesso palazzo sia oggetto di proprietà indivisa tra più persone (ad esempio perché lasciato in eredità dal padre ai propri figli senza assegnazione delle singole unità) esso sarà soggetto alla comunione.
E’ chiaro, allora, che il tratto distintivo delle due fattispecie va individuato nella diversa conformazione dei diritti di proprietà dei singoli rispetto al bene immobile. Possiamo quindi dire che il condominio è una particolare forma di comunione nella quale coesistono parti di proprietà esclusiva e parti di proprietà comune (sul concetto di parte comune si veda infra).
Data una definizione di condominio, si pone subito il problema di individuare quei casi concreti ai quali si applichi la disciplina codicistica. La questione è stata oggetto dell’evoluzione urbanistico – edilizia degli ultimi anni ed ha incontrato (ed incontra) delle problematiche di non facile soluzione, le quali sovente sono state oggetto di intervento giurisprudenziale.
In particolare, a livello numerico quando si può dire che si è di fronte ad un condominio? E’ sufficiente che i condomini siano due, tre o di più? Come si identifica un condomino? Un condominio può svilupparsi solo in senso verticale o anche in senso orizzontale?
Le domande sono tante quante le conformazioni che può prendere un edificio. Cerchiamo, in modo preciso e puntuale di dare risposte chiarificatrici. In primo luogo, non è necessaria alcuna formula sacramentale affinché si possa dire che si sia costituito un condominio. E’ sufficiente che sia venduta una sola unità immobiliare dell’edificio. Così, basterà la presenza di due differenti proprietari esclusivi di diverse porzioni dell’immobile (c.d. condominio minimo) perché si debba applicare la disciplina del condominio (sul punto Cass. SS.UU. n. 2046 del 2006).
Il numero di condomini incide solamente sulla necessità di nominare un amministratore, che è necessario quando i condomini sono più di quattro, o per il regolamento di condominio, che è obbligatorio per i condomini con più di dieci partecipanti. Per condomino, ai fini di legge, si intende il proprietario di un’unità immobiliare sita in un edificio. Per finire, il condominio può svilupparsi tanto in senso verticale (il classico edificio condominiale a più piani) quanto in senso orizzontale. A tal proposito si pensi ai residence composti da villette mono o bifamiliari con più servizi in comune, ad esempio strade interne, illuminazione ecc.
Più particolare è il caso in cui più palazzi, già di per sé costituenti degli autonomi condomini nel senso fin’ora detto, abbiamo beni e/o servizi in comune. Siamo di fronte al c.d. supercondominio, che è composto da più edifici condominiali legati tra loro da beni e/o servizi comuni. Così per esemplificare un gruppo di quattro o cinque edifici, che abbia in comune un parco o i servizi di fognatura, è catalogabile come supercondominio.
Tutte queste fattispecie, mancanti di una espressa regolamentazione codicistica, sono state ricondotte per analogia sotto la disciplina del condominio. Il fatto naturalmente crea non poche difficoltà applicative. Solo per esemplificare molti regolamenti condominiali, illegittimamente, hanno ritenuto di poter limitare la partecipazione all’assemblea del supercondominio solo agli amministratori dei vari condomini che lo compongono (su tutte Cass. 7894 del 1994). Da tutto ciò emerge chiaramente l’insufficienza delle norme codicistiche volte a disciplinare il condominio.
La situazione non è differente se si ha riguardo alla soggettività giuridica del condominio nel nostro ordinamento. Fino alla sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione n. 9148 del 2008 (relativa al concetto di solidarietà nelle obbligazioni condominiali), il condominio viene definito "un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino" (Cass. n. 7891 del 2000).
Questa definizione, coniata dalla stessa giurisprudenza, è stata smentita nel recente arresto di legittimità sopracitato, che al contrario non solo ritiene impossibile considerare il condominio come un ente di gestione ma addirittura di affiancarlo a qualunque entità giuridicamente rilevante. Ferma restando la piena legittimità di tale impostazione (in mancanza di una disciplina di riferimento), essa non può andare esente da critiche: ad oggi, il condominio (in persona dell’amministratore) intrattiene tutta una serie di rapporti con soggetti terzi e con gli stessi condomini da fare risultare quantomeno plausibile la possibilità di configurare una sua autonomia giuridica, almeno a livello di centro d’imputazione giuridico (sul punto si veda La natura giuridica del condominio. L’evoluzione storico giuridica della nozione di A. Gallucci, Arch. Loc. e cond. N. 1/2009).
Proprio al fine di colmare importanti lacune normative il legislatore ha emanato un nuovo testo di legge destinato ad incidere in maniera sensibile su tutta la materia. La legge 11 Dicembre 2012 n. 220 (modifiche alla disciplina del condominio negli edifici) ha revisionato alcuni degli articoli più importanti (come ad es. l’art. 1117 e l’art. 1129 sulla figura dell’amministratore di condominio) e ne ha aggiunti altri (art. 1117 da bis a quater, art. 1122 bis e ter, art. 1130 bis).