Per condominio minimo (o piccolo condominio) si intende quella collettività condominiale composta da due soli partecipanti.
Tuttavia, nella prassi, la disciplina del condominio minimo viene applicata anche al “piccolo condominio”.
Si intende “piccolo condominio” l’ edificio composto da un numero non superiore a otto condomini, soglia oltre la quale diviene obbligatorio nominare un amministratore.
In questo caso si discuteva, in dottrina e giurisprudenza, circa la normativa da applicare.
Era controverso, in altri termini, se al condominio minimo si dovessero applicare le norme del condominio o quelle della comunione.
La recente riforma del condominio [1] ha risolto la questione prevedendo [2] che le norme in materia di condominio si applicano in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.
Al condominio minimo si applicano le norme in materia di condominio
Non vi è dubbio, quindi, che anche alla fattispecie del condominio minimo sono applicabili le norme in materia di condominio.
Anche la questione relativa alla disciplina applicabile al condominio minimo è stata oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali.
La Cassazione, infatti, dopo aver affermato l’esistenza del condominio anche nel caso di condominio minimo, ha poi mutato il suo indirizzo.
Pertanto, ha ritenuto che, in presenza di due soli condòmini, non fosse possibile costituire l’assemblea.
In tempi più recenti, invece, la Cassazione ha nuovamente mutato il suo indirizzo.
Ha ritenuto che, nel caso in cui i proprietari dell’edificio fossero soltanto due, si applicassero le norme del condominio, ad eccezione di quelle relative al funzionamento dell’assemblea [3].
Da ultimo, infine, la Cassazione a Sezione Unite ha confermato l’applicazione al condominio minimo delle norme sul condominio.
In particolare, ha ritenuto applicabile anche l’articolo in tema di assemblea [4], con la conseguenza che, in caso di mancato raggiungimento dell’unanimità, sarebbe stato necessario ricorrere al giudice [5].
[1] L. 220/2012.[2] All’art. 1117bis, introdotto ex novo.
[3] Disciplinata, invece, dagli articoli 1104 s.s. cod. civ.
[4] Art. 1136 cod. civ.
[5] A norma degli artt. 1105 e 1139 cod. civ.
Quesito – agevolazioni fiscali condominio minimo
Q: In seguito a degli interventi di ristrutturazione edilizia sulle parti comuni di un edificio, composto da 4 appartamenti distintamente accatastati (di rispettiva proprietà esclusiva propria e dei miei tre fratelli), sono stati effettuati interventi edilizi nei mesi di gennaio e febbraio 2016, dopo avere richiesto le autorizzazioni previste al competente ufficio comunale.
I pagamenti relativi agli interventi sono stati effettuati da ciascun proprietario, ognuno per la propria quota di spesa.
Il versamento è stato inoltrato utilizzando l’apposita procedura di bonifico bancario con la relativa ritenuta da parte dello stesso istituto bancario in capo all’impresa beneficiaria.
Considerato che i lavori sono stati effettuati sulle parti comuni dell’edificio senza che fosse stato richiesto il codice fiscale del condominio, possiamo comunque richiedere l’agevolazione fiscale?
Risposta
Con risoluzione n. 74/E del 27 agosto 2015 sono stati indicati gli adempimenti da adottare nel caso d’ interventi sulle parti comuni di un condominio minimo.
Pertanto senza aver richiesto il codice fiscale.
Entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento in cui sono state sostenute le spese era necessario:
- presentare a un Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate la domanda di attribuzione del codice fiscale al condominio, mediante il modello AA5/6;
- versare con indicazione del codice fiscale attribuito al condominio , la sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, lett. a), del DPR n. 605 del 1973, per l’omessa richiesta del codice fiscale, nella misura minima di euro 103,29, mediante il modello F24, utilizzando il codice tributo 8912;
- inviare una comunicazione in carta libera all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente in relazione all’ubicazione del condominio.
Nella comunicazione, unica per tutti i condòmini, deve essere specificato, distintamente per ciascun condomino:
Le generalità e il codice fiscale; i dati catastali delle rispettive unità immobiliari.
I dati dei bonifici dei pagamenti effettuati per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio.
La richiesta di considerare il condominio quale soggetto che ha effettuato gli interventi.
Le fatture emesse dalle ditte nei confronti dei singoli condòmini, da intendersi riferite al condominio.
Tuttavia la circolare n°3/2016 con la quale l’Amministrazione Finanziaria, fermo restando l’effettuazione del pagamento tramite bonifico bancario/postale al fine dell’applicazione della ritenuta di cui all’art.25 del D.L. 78/2010 (ora è anche ammesso il bonifico ordinario) ha affermato che.
“non è necessario acquisire il codice fiscale del condominio nelle ipotesi in cui i condòmini, non avendo l’obbligo di nominare un amministratore, non vi abbiano provveduto”.
Assenza del codice fiscale
In assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti, per poter beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi e per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di un condominio minimo, per la quota di spettanza, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condòmino che ha effettuato il relativo bonifico
Il contribuente sarà comunque tenuto in sede di controllo a dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio.
Esso, tra l’altro, è tenuto ad esibire ai CAF o agli intermediari abilitati, oltre alla documentazione ordinariamente richiesta per comprovare il diritto alla agevolazione, una autocertificazione che attesti la natura dei lavori effettuati e indichi i dati catastali delle unità immobiliari facenti parte del condominio.
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