Condominio, con la Riforma nuovi limiti agli interventi sulle parti comuni condominiali
Dal 18 giugno 2013, nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere sulle predette parti senza darne preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea
La «proprietà comune» è invecchiata. Con la legge 220/2012 ora viene definita diversamente. Si tratta di parole, certo, la sostanza non cambia, ma le parole hanno un peso notevole quando si parla di leggi e, dopo 71 anni dalla prima formulazione del Codice civile, è il caso di saperne di più. Il condominio ha abbandonato, infatti, la classica locuzione di «proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio» che rappresentava un edificio che si sviluppa in verticale. Le costruzioni degli ultimi decenni hanno visto sorgere edifici anche in orizzontale (ad esempio, le villette a schiera). Così, nella nuova formulazione dell’articolo 1117 del Codice civile, il riferimento alla proprietà comune è fatto nei confronti dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio.
Le altre modifiche apportate, inserendo beni comuni all’articolo, non prevedono grosse novità in quanto molti di essi già erano considerati tali (ad esempio, le travi portanti). Non è quindi cambiata la natura dell’articolo 1117 che stabilisce, per i beni in esso indicati e in genere su tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, una presunzione di condominialità. Il tutto, se il contrario non risulta dal titolo.
Il diritto sulle parti comuni – Il diritto sulle parti comuni ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l’esistenza dell’edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune. L’elencazione è da considerarsi non tassativa ma meramente esemplificativa (Cassazione, 9 settembre 2011, n. 18578).
Solo negli atti di proprietà e/o nei regolamenti con natura contrattuale (allegati al primo atto di vendita e richiamati in tutti i trasferimenti successivi per accettazione) va ricercata la contraria prova atta a superare le presunzioni di condominialità. Sono irrilevanti, a tal fine, atti di natura unilaterale o comportamenti leciti (istanze alla Pa, accatastamenti et similia) o illeciti (abusi edilizi) (Cassazione, 4 maggio 2012, n. 6781).
Non supera la presunzione di condominialità nemmeno l’inclusione (o esclusione) di un bene nella tabella millesimale la quale ha la sola funzione di ripartire le spese (Cassazione, 6 marzo 2012, n. 3473).
Il legislatore ha disciplinato anche il supercondominio per il quale vale quanto riferito in materia di parti comuni.
La relazione accessorio-principale – Per entrambe le fattispecie occorre, ai fini della presunzione citata, che vi sia una relazione di accessorio a principale tra le parti di uso comune e le unità immobiliari, ove il titolo non disponga diversamente. Tale requisito costituisce il fondamento tecnico per l’attribuzione ex lege del diritto di condominio.
Tale relazione non sussiste quando, sempre se diversamente non previsto dal titolo, in comune vi sono beni non essenziali per l’esistenza del condominio quali, ad esempio, una piscina o i campi da tennis. In quest’ultimo caso troverà invece applicazione la disciplina della comunione.
La differenza è sostanziale: nella comunione, ai sensi dell’articolo 1101, Codice civile, le quote dei partecipanti si presumono eguali e il concorso, tanto nei vantaggi quanto nella contribuzione alle spese, è in proporzione alle quote.
Le destinazioni d’uso – Tra le rilevanti novità in materia di parti comune vi è l’articolo 1117-ter che disciplina la modificazione della destinazione d’uso per soddisfare esigenze di interesse condominiale. Tali modifiche, pur non dovendo recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o al decoro architettonico, possono spingersi fino a rendere talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Cambia anche il rapporto dei condomini con le parti comuni. Prima della riforma, anche senza avvisare l’amministratore, ciascun partecipante, ai sensi dell’articolo 1102, Codice civile, poteva servirsi della cosa comune, purché non ne alterasse la destinazione e non impedisse agli altri partecipanti di farne parimenti uso.
Dal 18 giugno 2013, invece, ai sensi del nuovo articolo 1122 del Codice civile, nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere sulle predette parti senza darne preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea. Questa non potrà vietare l’opera se ricorrono i presupposti citati. È questo un momento in cui i condomini, prima dell’esecuzione, possono prendere atto di quanto verrà ad essere realizzato.
Lo stesso si dica per quanto disciplinato dall’articolo 1122-bis in materia di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni.
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