LITI CONDOMINIALI CON CHI ANNAFFIA I FIORI E BAGNA IL BALCONE SOTTOSTANTE: COSA DICE L’AVVOCATO?
Chi non ha cura delle proprie piante? Chi nutrendo questa passione o, più semplicemente hobby, non si premura di fornire tutto il sostegno per la crescita di fiori multicolori, pianticelle aromatiche o spiecie più o meno impegnative? In merito, tuttavia, le complicazioni potrebbero essere non propriamente piacevoli e, in questo senso, la dice lunga il recente provvedimento della Suprema Corte, sentenza n. 15956 del 10 aprile 2014, con cui è stata confermata la condanna inflitta dalla Corte d’Appello ad un condomino che, amante delle piante, è incorso nel reato previsto e punito dall’art. 674 del codice penale, rubricato come “Getto di cose pericolose”.
I FATTI – Un condomino con il pollice verde curava quotidianamente le proprie piante disinteressandosi, suo malgrado, delle macchie di terriccio che lo sgocciolamento dell’acqua creava sul terrazzo dell’inquilino sottostante.
– Esausto di tale comportamento, quest’ultimo ha sporto denuncia.
– L’imputato ha chiesto l’assoluzione sollevando la propria estraneità ai fatti, secondo lui causati da un malfunzionamento dell’impianto di annaffiamento.
– La motivazione, tuttavia, non è bastata ad influenzare la decisione del Tribunale dapprima, né della Corte d’Appello e di Cassazione poi.
– Il soggetto riconosciuto responsabile, infatti, è stato condannato per il reato previsto dall’articolo 674 cp. Con l’imposizione, ulteriore, del pagamento di 1.000 euro in favore dello Stato.
IL COMMENTO DELL’AVVOCATO – Le norme interessate al suddetto caso sono due:
– In primis, il già richiamato art. 674 cp., che punisce “chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206,00”.
– Pacifica è la giurisprudenza che nella condotta dell’imputato ravvisa, in quanto vi sono gli elementi che costituiscono la fattispecie di reato – versamento, volontario o casuale e l’imbrattamento – gli estremi del reato previsto e punito dal sopra citato articolo del codice penale.
– A nulla è valsa la difesa volta a giustificare l’incolpevole evento causato dal malfunzionamento dell’impianto di irrigazione. A tal riguardo, infatti, la seconda norma che ci interessa è l’art. 40 cp., che recita “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
– In parole povere, se un soggetto, a conoscenza di un determinato fatto che potrebbe causare un danno ad altre persone, non impedisce che ciò avvenga, è considerato colpevole per la sola omissione, salvo che non si tratti di un fatto improvviso ed imprevedibile.
– La testimonianza dell’amministratore di condominio, inoltre, ha facilitato il compito dei Giudici in tal senso. E’ emersa infatti, nel corso del procedimento, la effettiva conoscenza, da parte del proprietario del guasto, dell’impianto di irrigazione, più volte segnalato dallo stesso amministratore di condominio. Nessun fatto improvviso ed imprevedibile, dunque, e nessuna causa di giustificazione.
– Alcun dubbio, quindi, sulla colpevolezza dell’imputato, secondo il combinato degli articoli 40 e 674 cp: non impedire lo sgocciolamento e l’imbrattamento equivale a cagionarlo.
CONCLUSIONE: Attenzione, dunque, ai propri comportamenti.
– La natura è indispensabile e ci permette di ossigenarci in città invase dallo smog, oltre che lasciarci meravigliati dai molteplici colori e frutti che ci regala. Ciò nonostante, non dimentichiamo il rispetto per gli altri, nonché il buonsenso. Molte liti condominiali o sociali, difatti, non sorgerebbero neppure se, ognuno di noi, mantenesse un comportamento adeguato e che, nella maggior parte dei casi, si pretende dagli altri. Avanti dunque con la natura, ma anche con il rispetto.
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