La causa per rivendicare gli spazi comuni può farla l’amministratore
Che succede se uno dei condomini si impossessa di uno spazio che, invece, è in comune e quindi compete a tutti i proprietari?
Ovviamente sarà necessaria una causa e a promuovere il giudizio può essere lo stesso amministratore, se prima autorizzato dall’assemblea. Insomma, non è necessario che in giudizio vadano i singoli titolari degli appartamenti. Si tratta, infatti, di una di quelle attività che i condomini possono delegare all’amministratore il quale, a sua volta, per legge, è tenuto alla conservazione e cura degli spazi comuni.
Così ha di recente deciso la Cassazione [1].
Il dubbio è sorto perché il codice civile [2] stabilisce che solo il proprietario di un bene può rivendicarlo se qualcun altro lo possiede o lo detiene illegittimamente.
Ma, quando si parla di condominio, almeno per gli spazi comuni dell’edificio (come il suolo, i muri maestri, i pilastri, i tetti, il lastrico solare, le scale, il portone, i cortili, le aree destinate a parcheggio, ecc. [3]) la Suprema Corte riconosce ampi poteri all’amministratore in quanto espressamente autorizzato dall’assemblea. In particolare, si legge in sentenza, le azioni contro i singoli condomini e dirette ad ottenere decisioni sulla titolarità dei beni, possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea [4], adottata con la maggioranza qualificata prevista dal codice [5].
L’amministratore non deve fornire la prova della proprietà
Altro aspetto toccato dalla sentenza in commento è relativo all’onere della prova circa la titolarità del bene rivendicato. Se tale bene rientra tra quelli che la legge presume essere di proprietà del condominio [6], allora l’amministratore che voglia proporre azione di rivendica dei beni comuni non deve dimostrare al giudice il legittimo diritto di proprietà dei beni rivendicati.
Egli, cioè, non deve farsi carico di fornire la prova positiva di un diritto di proprietà in capo al condomino. Al contrario, spetta al singolo condomino che voglia dimostrare la sua proprietà sul bene rientrante tra quelli prima elencati [6] che deve fornire la prova contraria.
[1] Cass. sent. n. 40/15 dell’8.01.2015.[2] Art. 948 cod. civ.
[3] Art. 1117 cod. civ.
[4] Ex art. 1131, primo comma, cod. civ.
[5] Art. 1136 cod. civ.
[6] L’elencazione completa è contenuta nell’art. 1117 cod. civ. e comprende:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonchè i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
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