Cassazione Sezione 2 Civile Sentenza del 24 dicembre 1994, n. 11155 Integrale
CONDOMINIO NEGLI EDIFICI – AMMINISTRATORE – NOMINA E REVOCA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione dell’1 febbraio 1979 l’avvocato F.D.N. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Velletri il condominio di Via … di Anzio, in persona dell’amministratore, perche` fosse dichiarata la nullita` o comunque l’annullamento delle delibere assembleari 7 e 14 ottobre 1978 nella parte in cui era stata attribuita integralmente ai proprietari dei balconi la spesa per il restauro degli stessi, con riferimento alla pavimentazione, ai parapetti ed al sottostante intonaco; nonche` nella parte in cui la spesa complessiva era stata ripartita fra i vari proprietari, in base ai metri lineari di ciascun balcone.
Il Tribunale di Velletri con sentenza 03.06.85 respingeva la domanda non ritenendo estensibile ai balconi il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione previsto dall’art. 1125 cc per i soffitti, le volte ed i solai.
Su impugnazione dell’avv. D.N., la Corte d’Appello di Roma con sentenza 09.05.90, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la nullita` delle delibere assembleari in oggetto.
Non essendo, infatti, controversa la configurabilita` della soletta dei balconi de quo, quale propaggine esterna dei solai fra i vari piani, affermava la Corte che, in un edificio condominiale, la presunzione assoluta di comunione del solaio divisorio di due piani fra i proprietari dei medesimi valeva anche per la piattaforma (o soletta) del balcone dell’appartamento superiore.
Essendo, invero, corrispondenti i caratteri e la funzione del solaio (separazione in senso orizzontale, sostegno e copertura) con quelli della soletta del balcone, da considerarsi, quindi, come prolungamento, oltre i muri perimetrali dell’edificio, del solaio stesso, il regime giuridico dettato dall’art. 1125 cc per quest’ultimo doveva applicarsi anche ai balconi.
Affermava ancora la Corte che, pur essendo il criterio di ripartizione dell’onere economico di riparazione dei balconi previsto dall’art. 1125 cc , derogabile con il consenso di tutti i condomini, nella specie tale deroga non poteva configurarsi.
Invero, anche se, nel silenzio del regolamento condominiale dovuto alla costruzione dei balconi successiva all’approvazione dello stesso, ogni condomino aveva sempre provveduto personalmente e direttamente alla manutenzione del proprio balcone, non poteva, per cio` stesso, parlarsi della sussistenza di una deroga convenzionale, dal momento che, nel comportamento ripetitivo dei condomini, mancava il necessario presupposto negoziale.
Avverso tale sentenza ricorre in cassazione il condominio di via …, proponendo due motivi di ricorso.
Resiste con controricorso l’erede dell’avv. D.N. Il ricorrente ha depositato memoria scritta.
Il procuratore generale conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata l’eccezione, sollevata dalla D.N., relativa alla carenza di legittimazione processuale del condominio sotto il duplice profilo: della legittimita` del conferimento del mandato al difensore da parte dello studio C. e C., e della legittimazione di detto studio a rappresentare, in qualita` di amministratore, il condominio.
Trattasi di profili strettamente connessi, il cui esame va affrontato partendo dal secondo che, in senso logico, precede il primo.
Sostiene, infatti, la D.N. che l’impossibilita` per lo studio C. e C. di rivestire la qualita` di amministratore del condominio, comporti, conseguentemente, l’impossibilita` per lo stesso di conferire un valido mandato al difensore, per rappresentare il condominio in giudizio,
Tale assunto non puo` essere condiviso.
Invero, premesso che lo "studio" in questione costituisce, dal lato esterno una associazione professionale del tutto legittima, essendo rispettato, con la specificazione del nome e cognome, dei titoli professionali dei singoli associati, il principio della personalita` della prestazione professionale (v. Cass. S.U. 10942/93), principio, peraltro, la cui osservanza, nella specie, e` superflua, atteso che l’amministratore di un condominio puo` essere chiunque, senza che sia necessaria l’iscrizione a particolari albi professionali; e premesso ancora che detto "studio" si configura dal lato interno come una societa` di fatto di natura personale fra i due soggetti indicati, il problema che si pone, nella specie, e` quello di verificare se, in relazione alla disciplina prevista dal codice, con riferimento al condominio, sussistano norme che precludano ad una societa` di persone l’assunzione della qualita` di amministratore di un condominio.
Piu` specificamente, considerato che nella societa` di persone, ed in particolare in una societa` semplice, qual e` quella di specie, l’amministrazione e la rappresentanza, salvo patto contrario, spettano a ciascun socio disgiuntamente, la verifica di cui sopra attiene, in primo luogo, alla individuazione di norme incompatibili con l’attribuzione ad una pluralita` di persone della qualita` di amministratore del condominio.
Tali norme non sussistono.
L’art. 1129 cc , infatti, nel regolamentare la nomina dell’amministratore, non pone alcuna limitazione in ordine al soggetto che puo` rivestire tale qualifica, e se pure tale disposizione, come anche gli artt. 64 e 65 disp. att. cc sembrano apparentemente configurare l’amministratore come persona fisica unica, nulla nelle disposizioni in oggetto, porta ad escludere che le persone possano essere piu` d’una.
La possibilita` di configurare una pluralita` di amministratori, del resto appare conforme a quanto il legislatore nell’art. 1106 secondo comma cc ha previsto per la comunione e che, in relazione al rinvio generale contenuto nell’art. 1139 cc , ben puo` essere esteso al condominio, dal momento che la ratio che giustifica la delega dell’amministrazione della comunione a piu` partecipanti (come anche ad un estraneo) e cioe` la maggiore tutela degli interessi dei singoli partecipanti rimessa alla loro volonta`, e` valida anche in tema di condominio.
Ne` puo` sostenersi che l’anzidetta pluralita` debba essere esclusa per la mancanza fra le norme del condominio di una disposizione che individui, tra piu` amministratori, quello tenuto a rappresentare il condominio nei rapporti con i terzi.
Infatti, poiche`, ai sensi dell’art. 1131 cc la rappresentanza appartiene a chi amministra, la mancanza della norma di cui sopra: lungi dall’escludere la possibilita` di configurare come legittima una pluralita` di amministratori, comporta, in linea di principio, l’attribuzione a tutti i soggetti che amministrano, della qualita` di rappresentanti del condominio, anche rispetto ai terzi.
Sara` compito dei condomini, per una migliore organizzazione al fine di evitare conflitti nell’azione dei vari amministratori, predisporre regole che ripartiscano le competenze di ciascuno con esclusiva validita` nei rapporti interni.
Del resto, se la ratio che consente la nomina di piu` amministratori e` quella di una maggiore tutela degli interessi dei condomini, tutela richiesta per la maggiore difficolta` di amministrare i grandi complessi dotati di molteplici strutture comuni (v. i supercondomini), la predisposizione delle regole anzidette, volte alla razionalizzazione della amministrazione discende direttamente dalla volonta` dei condomini ed e`, pertanto, a lei rimessa.
Accertato, quindi, che non esistono, nell’ ambito del condominio, norme incompatibili con l’esistenza di una pluralita` di amministratori, si tratta ulteriormente di accertare se la disciplina della societa` di persone, nella specie della societa` semplice, precluda a tale tipo di societa` di svolgere l’attivita` di amministratore di condominio.
Anche sotto tale profilo non si ravvisano ostacoli.Infatti, la disciplina, in tali societa` del potere di amministrazione come derivante, all’interno da un rapporto di mandato fra la collettivita` dei soci ed il socio amministratore (v. art. 2260 cc ), nonche` l’attribuzione, nei rapporti esterni, della rappresentanza al socio amministratore (v. art. 2266 cc ) presenta un notevole parallelismo con quanto dispone l’art. 1131 cc ("l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti"), con in piu` la predisposizione di regole legali per la risoluzione del conflitto fra gli amministratori (v. art. 2257 secondo e terzo comma cc ).
Quanto al possibile ingresso di nuovi soci nella societa`, ed alla conseguente obiezione che cio` comporterebbe una violazione del principio dell’intuitus personae, tipico del mandato, va precisato che, essendo prevista, anche nel mandato la possibilita` di nomina di un sostituto da parte del mandatario, l’intuitus personae deve ritenersi, in linea di principio, senz’altro connaturato alla originaria scelta del mandante, rimettendosi al mandatario, gia` investito della fiducia, e sia pure entro i limiti fissati dal legislatore, la scelta del sostituto.
Anche nella societa` di persone, quindi, l’inserimento di nuovi soci nella societa` puo` essere spiegato nello stesso modo, rimettendo cioe` ai soci originari, attraverso l’accettazione dei nuovi soci, la scelta dei medesimi, con la diversa conseguenza che, se nel mandato, risponde dell’operato del sostituto, sempre e solo il mandatario con il suo patrimonio, nel caso della societa` semplice, la prevista responsabilita` del nuovo socio per le obbligazioni pregresse, le maggiori garanzie derivanti dal poter i terzi contare sull’aumento del patrimonio sociale, oltre che su quello dei nuovi soci, rafforzano la posizione della societa` scelta, in origine, come mandataria, garantendo, in definitiva maggiormente il mandante, ovverosia, nella specie, il condominio.
Sempre, con riferimento all’intuitus personae, inoltre, non puo` sottacersi che la limitazione delle funzioni dell’amministratore del condominio alle sole cose comuni il controllo esercitato dall’assemblea condominiale sull’operato dello stesso con la possibilita` di intervenire sui suoi provvedimenti la possibilita` di revoca dell’ amministratore, attenuano la rilevanza del problema.
Quanto, infine, alla esigenza di individuare la persona responsabile anche penalmente, degli atti lesivi per il condominio, nessun impedimento puo` derivare dal fatto che amministratore del condominio sia una societa` di persone, dal momento che la responsabilita` penale e` personale e che rispondono per la societa` coloro che hanno agito in nome e per conto della stessa.
Accertata, quindi, la possibilita` di attribuire la qualita` di amministratore di condominio alla societa` di persone, va rilevato che nella specie sia il C. che il C., quali soci dell’omonima societa` di fatto tra loro esistente ed in quanto tali, abilitati per legge ad amministrare disgiuntamente la societa`, sono da considerare entrambi quali amministratori del condominio.
Ciascuno di essi, pertanto, e` legittimato a conferire mandato al difensore per la rappresentanza in giudizio del condominio, per cui il mandato conferito all’avvocato A.S. M.B. per il presente giudizio, peraltro sottoscritto da entrambi i soci, deve ritenersi valido.
Passando all’esame dei motivi di ricorso deduce il condominio ricorrente:
1) l’errata applicazione dell’art. 1125 cc per avere la Corte erroneamente esteso ai balconi aggettanti la disciplina dell’art. 1125 cc , prevista dal legislatore solo per i soffitti, le volte ed i solai, nonostante tali balconi (non sorretti da plinti, travi o altre parti "comuni") non fungano da sostegno, copertura o separazione, in senso orizzontale, delle proprieta` singole.
2) L’errata applicazione dell’art. 1125 cc . Nonostante i condomini proprietari dei balconi, con l’aver sopportato integralmente per oltre un ventennio le spese di manutenzione e ricostruzione degli stessi, avessero derogato convenzionalmente al principio di cui all’art. 1125 cc , rinunciando tacitamente ad avvalersi del diritto derivante dalla norma.
Il primo motivo di impugnazione dedotto merita accoglimento.
L’assunto della corte di merito, secondo la quale il criterio di ripartizione delle spese di restauro dei balconi aggettanti va desunto dall’art. 1125 cc , non puo` essere condiviso.
Esso presuppone, infatti, essendo la norma in oggetto prevista specificamente con riferimento alle volte, ai solai ed ai soffitti, che, nella specie, sia possibile, attraverso una interpretazione estensiva della norma, applicare la disciplina in essa stabilita ad una ipotesi non espressamente contemplata, qual’e’ quella dei balconi aggettanti.
Ora, e` noto che la possibilita` di ricorrere all’interpretazione estensiva di una norma sussiste quando si ravvisi nel caso non regolato espressamente, la stessa ratio che ha ispirato il legislatore nel dettare la norma che si vuole applicare estensivamente.
Nella specie, la ratio che spiega il criterio di ripartizione delle spese previsto nell’art. 1125 cc e` data dall’avere il legislatore ritenuto i soffitti, le volte ed i solai comuni ai proprietari dei due piani in quanto relativi ad immobili sovrastanti l’uno all’altro.In altri termini, il fatto che tali immobili non siano strutturalmente configurabili senza che il soffitto, la volta o il solaio dell’immobile sottostante funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore ha indotto il legislatore a ritenere i suddetti elementi a servizio di entrambi gli immobili, da cui la presunzione di proprieta` comune (di essi) al proprietari dei due piani e, conseguentemente, la ripartizione in parti uguali delle spese di manutenzione e ricostruzione afferenti a tali elementi.
La ratio anzidetta non e` ravvisabile con riferimento ai balconi aggettanti che, dal punto di vista strutturale, sono autonomi rispetto ai piani sovrapposti, nei senso che ben possono sussistere indipendentemente dalla presenza o assenza di altro balcone nel piano sottostante o sovrastante.
Il balcone aggettante, infatti, pur costituendo normalmente il prolungamento della soletta, non ha mai, contrariamente a quanto sostenuto dalla corte di merito, funzione di sostegno del piano sovrastante, e se, di regola, nel caso di balconi posti su ciascun piano, puo` riconoscersi alla soletta del balcone funzione di copertura rispetto al balcone sottostante, tuttavia, trattandosi di copertura disgiunta dalla funzione di sostegno, e quindi non indispensabile per l’esistenza stessa dei piani sovrapposti, non puo` parlarsi di elemento a servizio di entrambi gli immobili posti su piani sovrastanti, ne`, quindi, di presunzione di proprieta` comune del balcone aggettante riferita ai proprietari dei singoli piani.
Deve, pertanto, essere esclusa la possibilita` di una interpretazione estensiva dell’art. 1125 cc al caso di specie.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo che non va conseguentemente esaminato.
Il ricorso proposto va, pertanto, accolto e la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma che provvedera` ad un nuovo esame della controversia, in applicazione del principio sopra espresso, nonche` alla liquidazione delle spese di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza e rinvia, anche per spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
http://www.espertorisponde.ilsole24ore. … n11155.pdf